Chiesa

IL RITRATTO. Giovanni Nervo, la vita per il Vangelo dei poveri

Paolo Lambruschi sabato 23 marzo 2013
Nato profugo e orfano di padre nel 1918, monsignor Giovanni Nervo ha scelto di stare tutta la vita vicino ai poveri, perché sofferenza ed emarginazione le aveva provate sulla pelle e credeva che la giustizia fosse il primo passo della carità. Dai ricordi di chi ha conosciuto il fondatore della Caritas italiana, scomparso giovedì a Padova, emerge la figura di un uomo irreprensibile, pronto ad andare fino in fondo per amore del Vangelo e degli ultimi. Un prete vero della Chiesa dei poveri, importante per la comunità ecclesiale e per la società civile per l’impulso al volontariato.Il presidente della Caritas italiana Giuseppe Merisi, vescovo di Lodi, sottolinea il legame di don Giovanni con la sua diocesi.«Era nato povero a Casalpusterlengo, nel Lodigiano, dove la famiglia era stata sfollata nella prima guerra mondiale. Ricordo l’incontro avuto a Fiuggi nel novembre del 2011, in occasione del convegno nazionale prima dell’incontro con papa Benedetto per i 40 anni della Caritas. Ribadisco l’importanza della sua opera di educatore, oltre che la dedizione ai deboli e l’impegno per la giustizia».Anche il ministro per la Cooperazione Andrea Riccardi, fondatore della Comunità di Sant’Egidio, lo ricorda commosso. «Era un prete dalla spiritualità antica e profonda, al servizio dei poveri e degli emarginati seguendo le indicazioni del Concilio. Non fu solo un apostolo dei diseredati, ha lottato per una società giusta e accogliente».Sottolinea l’impegno per migranti e profughi monsignor Giancarlo Perego, direttore della Fondazione Migrantes. «In tutti gli incontri con lui si respirava l’aria della Chiesa della carità, come è intitolato il volume in onore dei suoi 90 anni. Nel decennio dedicato dalla Cei al tema "Educare alla vita buona del Vangelo" la sua testimonianza di straordinario educatore rimane riferimento fondamentale per leggere la prevalente funzione pedagogica nei nostri cammini di ospitalità, accoglienza e carità».Monsignor Giuseppe Pasini ha trascorso mezzo secolo a fianco di Nervo prima a Roma, succedendogli alla guida della Caritas, poi a Padova, nella Fondazione Zancan. «Un uomo trasparente, sobrio, rigoroso. Cresciuto in una famiglia povera, aiutò i partigiani per poi scegliere la non violenza e la pace per tutta la vita. Andava sempre fino in fondo per difendere i deboli, ad esempio per accogliere i migranti, anche se questo gli causava problemi con i potenti. Aveva apertura mentale, memoria di ferro e una solida preparazione. Credeva nel dialogo e nella collaborazione anche con chi non era credente, a patto che avesse a cuore l’uomo». E sapeva cogliere le occasioni.«Nel 1972, quando si tenne il primo convegno delle Caritas diocesane, su sollecitazione pontificia, Nervo chiese a Paolo VI di dare la sua interpretazione sulla Caritas. Il Papa scrisse che la giustizia era il primo passo verso la carità e che la Chiesa doveva conservare una prevalente funzione pedagogica e non assistenziale. Nervo rimase sempre fedele a questa indicazione».Ebbe intuizioni geniali. «Organizzò nel 1975 un convegno sul volontariato, cogliendo le novità che venivano da preti come don Ciotti e don Benzi e battendosi per la gratuità. Quell’anno ebbe il via libera dalla Cei perché la Caritas accogliesse gli obiettori di coscienza. In 30 anni, 100 mila giovani hanno prestato servizio civile con gli ultimi, spesso compiendo scelte di impegno radicale».Uno di questi è Roberto Rambaldi, a lungo vicedirettore della Caritas ambrosiana e italiana, oggi dirigente della Fondazione Don Gnocchi, che incontrò Nervo durante il servizio civile in Friuli, poi lavorò con la neonata Caritas prima nel coordinamento del terremoto in Irpinia e poi aprendo l’ufficio che gestiva i progetti nel sud del mondo. «Era un uomo carismatico, sobrio, umile. Per coerenza girava in autobus. Credeva nella trasparenza e nel rigore. Li pretendeva dai funzionari pubblici anche in Africa, dove girò nei primi anni per verificare come erano usati i fondi degli offerenti. Per lui la giustizia era il cardine su cui costruire la pace».«Profondo cordoglio» per la scomparsa di monsignor Nervo è stato espresso anche dall’associazione Comunità Papa Giovanni XXIII, che ne ricorda l’impegno «a favore degli ultimi».Molto solido il legame con la Chiesa ambrosiana. Nel 1986 il cardinale Carlo Maria Martini gli affidò una delle due relazioni fondative del convegno <+corsivo>Farsi prossimo<+tondo>. Ieri don Roberto Davanzo, direttore della Caritas ambrosiana, lo ha ricordato come «un esempio per tutti con la sua vita vissuta quotidianamente e con coerenza accanto ai deboli e ai piccoli». Prima di morire don Giovanni ha visto in tv papa Francesco e ha ascoltato sereno le parole sulla Chiesa dei poveri.​