Chiesa

30 aprile. Giornata per le vocazioni: le iniziative delle diocesi, la voce dei giovani

Matteo Liut sabato 29 aprile 2023

Parli di vocazione e pensi a preti e suore, ma metti i giovani davanti a una telecamera, li provochi sulle parole "impegnative" della vita e scopri che sì, si può essere chiamati anche a una vita da consacrati, ma in realtà nessuna vocazione vive da sola: la vita è una rete di "chiamate", un "meraviglioso poliedro", che affascina e spinge verso cose grandi. Un video, un tema e una Giornata: il 30 aprile 2023 la Chiesa di tutto il mondo prega per le vocazioni e in Italia la ricorrenza è arricchita dal prezioso lavoro dell'Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni. A partire dal tema che sta guidando l'anno della Pastorale vocazionale di tutto il Paese, «Un meraviglioso poliedro», l'Ufficio Cei ha pubblicato online un video che dà voce ai giovani, chiedendo loro di mettere a fuoco le "parole della vocazione". Ne esce un mosaico variegato e vivo che si unisce a quella preghiera corale elevata in veglie e appuntamenti lungo tutta la Penisola. Cuore delle celebrazioni a livello nazionale è la veglia della sera del 29 aprile a Pisa dedicata al tema «Tu sei un meraviglioso poliedro» nella chiesa di San Michele in Borgo.


Manetti sul messaggio del Papa: se ci scopre amati, ci si sente chiamati

Nei giorni scorsi, inoltre, come di consueto, il Papa ha inviato il Messaggio per la 60ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni dal titolo «Vocazione, grazia e missione». E proprio commentando il testo del Pontefice, il vescovo di Fiesole, Stefano Manetti, delegato per i Seminari d’Italia e presidente della Commissione episcopale Cei per il clero e la vita consacrata, ha notato che sì, la vocazione è un dono, ma ha necessità di tempi e modi per venire alla luce e la via giusta è quello dello «stile sinodale», una modalità di vivere la fede che sta facendo riscoprire a molti la bellezza della comunità e la meraviglia di sentirsi amati.

Eccellenza, il Papa nel Messaggio dice che la vocazione nasce dal sentirsi amati. Cosa può fare la Chiesa per favorire questa esperienza?

Nella riflessione del Papa sono riconoscibili l’impianto sinodale e le parole chiave del Sinodo: comunione, partecipazione, missione. Egli sembra rivolgersi alla Chiesa che si è messa in cammino per riscoprire il suo essere Popolo di Dio pellegrino e missionario, unito dal dono della comunione. I gruppi sinodali servono magnificamente a questo scopo, stanno dimostrando realmente la loro capacità di ravvivare le nostre comunità risvegliando in loro la consapevolezza dell’essere Chiesa e donando nuove energie. Credo che l’assimilazione dello stile sinodale fino a renderlo prassi ordinaria nella vita delle comunità cristiane sia quanto di meglio possa fare adesso la Chiesa per favorire l’esperienza dello scoprirsi amati e quindi chiamati ad amare.

Il Messaggio del Papa e il tema dell’anno scelto dall’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, Un meraviglioso poliedro, rimandano alla necessità di dare spazio alle diverse vocazioni. Siamo in grado di vivere questa diversità o siamo ancora vittime del pregiudizio secondo cui la “Vocazione” è solo quella alla vita consacrata?

Non credo si tratti di un pregiudizio quanto piuttosto della conseguenza di una prassi consolidata fino ad ora per cui si faceva uso di questo termine per indicare solo certe vocazioni. Oggi, secondo quanto è emerso dal Sinodo dei giovani, il problema si è spostato, nel senso che è lo stesso termine “vocazione” che rischia di non essere compreso e lo sbaglio sarebbe il darlo per scontato. Si sta avverando ciò che previde il documento Nuove vocazioni per una nuova Europa descrivendo «l’uomo senza vocazione». E ciò interpella di nuovo la comunità cristiana: dalla sua vitalità dipende la testimonianza chiara e forte della vita come vocazione, che è «grazia e missione» come dice il Papa, il quale molto opportunamente mette al centro del suo messaggio la vocazione battesimale, che così si potrebbe esprimere: Io ti ho amato fino a dare la mia vita per te, ci dice il Signore quando veniamo battezzati, e tu vuoi amarmi fino a dare la tua vita per me? Da questa risposta fondamentale si declinano poi le varie vocazioni specifiche secondo la volontà di Dio su ciascuno. Coloro che rispondono radicalmente a tale chiamata rendono viva e attraente la vita cristiana. Di cristiani di tale stoffa abbiamo estremo bisogno oggi. Tanto più siamo uniti in tale risposta quanto più si diventa capaci di accoglierci gli uni gli altri nell’amore di Cristo.

Il Papa cita la Gmg: le Giornate mondiali della gioventù oggi sono esperienze “vocazionali”?

Mi sembra che lo siano sempre state. Si potrebbe fare una ricerca per verificare quante vocazioni sono nate dall’esperienza delle Gmg e ne rimarremmo stupiti. In esse si verifica quanto papa Francesco insegna parlando dei discepoli missionari: ogni battezzato è missionario e nelle Gmg di fatto accade che i giovani evangelizzano i giovani. Il seme gettato attraverso la condivisione della fede trova poi modo di attecchire nella vita di chi lo ha accolto anche per via della visibilità che la Chiesa assume in questo tipo di evento. Le Gmg sono indubbiamente momenti in cui la Chiesa si mostra in tutta la sua ricchezza e il suo mistero e per i giovani è una scoperta nuova. La vocazione ha bisogno della comunità per crescere.

Il Papa nel messaggio ricorda il giorno in cui si è sentito chiamato. La sua vocazione come è nata?

L’ho scoperta in un semplice ritiro del gruppo parrocchiale del dopo Cresima, a 15 anni. Eravamo una trentina di adolescenti seguiti da alcuni giovani, poco più che ventenni, che ci facevano da educatori. Nonostante la vivacità del gruppo (i momenti di silenzio erano difficili) il Signore mi toccò appena misi piede in una piccola cappella deserta, per sostare un attimo davanti al tabernacolo. Poi fu decisiva la vita quotidiana nella comunità parrocchiale che seppe accogliere, riconoscere e accompagnare il germe deposto dal Signore.


Gianola: portiamo a Dio i nomi di coloro che abbiamo nel cuore perché il loro cammino si realizzi

Ma pregare per le vocazioni che senso ha? A rispondere è don Michele Gianola, direttore dell'Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni, con una riflessione pubblicata da Avvenire. Ecco il suo testo, con l'invito e ripensare a tutte le persone che hanno segnato il nostro cammino:

Oggi, in tutta la Chiesa si celebra la 60ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni. È un’occasione che ogni anno ci ricorda l’invito del Signore a pregare il Signore della messe perché mandi operai a servizio del suo frutto abbondante (cf. Mt 9,37). «Nella Chiesa, tutti siamo servitori e servitrici, secondo le diverse vocazioni, carismi e ministeri. La vocazione al dono di sé nell’amore, comune a tutti, si dispiega e si concretizza nella vita dei cristiani laici e laiche, impegnati a costruire la famiglia come piccola Chiesa domestica e a rinnovare i vari ambienti della società con il lievito del Vangelo; nella testimonianza delle consacrate e dei consacrati, donati tutti a Dio per i fratelli e le sorelle come profezia del Regno di Dio; nei ministri ordinati (diaconi, presbiteri e vescovi) posti al servizio della Parola, della preghiera e della comunione del popolo santo di Dio» (Francesco, Messaggio per la 60ª Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, 30 aprile 2023). Oggi, in tutte le diocesi italiane si moltiplicano le iniziative di preghiera e di annuncio vocazionale rivolte in particolare ai giovani: pellegrinaggi vocazionali, veglie di preghiera, catechesi e testimonianze che risvegliano e rinnovano la scoperta meravigliosa di ritrovarsi insieme a pregare e riconoscere che la vita è dono, grazia e missione. «La vocazione, continua papa Francesco, «è l’intreccio tra la scelta divina e la libertà umana, un rapporto dinamico e stimolante che ha per interlocutori Dio e il cuore umano». «Che lo sappiamo oppure no – insegna il Catechismo della Chiesa cattolica – la preghiera è l’incontro della sete di Dio con la nostra sete. Dio ha sete che noi abbiamo sete di lui» (Catechismo della Chiesa cattolica, 2560). Se la vocazione è l’incontro tra due libertà, la preghiera è l’incontro tra due “seti” che si manifesta in maniera eloquente nella preghiera di intercessione che è la preghiera stessa di Gesù (Cf. Gv 17). Intercedere, infatti, non significa soltanto “pregare per qualcun altro” ma porsi nel mezzo di una situazione: «Intercedere – chiedere a favore di un altro – è la prerogativa di un cuore in sintonia con la misericordia di Dio» (Catechismo della Chiesa cattolica, 2635). Oggi il cuore di ciascuno di noi è chiamato a lasciare emergere e portare davanti a Dio tutte le persone che lo abitano e i cui volti la nostra vita ha intrecciato fin dagli inizi. Parenti e amici, compagni di scuola e di gioco che non vediamo più da tempo, colleghi di lavoro, coloro che ci hanno fatto del bene e quelli che ci hanno fatto del male, chi ci ha amato e non ci ama più, gli incontri sporadici, gli ospiti di qualche giorno, i volti di chi abbiamo incrociato per strada e domandano aiuto o ci guardano indifferenti. In particolare – non solo in questo giorno – portiamo al Signore i volti dei bambini, degli adolescenti e dei giovani perché cresca in noi la sete di vedere sorgere in loro la meraviglia della loro vocazione e quelli degli adulti perché la loro vocazione possa trovare compimento, guarigione, misericordia. Scriviamo i loro nomi; ci stupiremo di quante persone ci stanno a cuore e stanno nel cuore di Dio.

don Michele Gianola, direttore dell’Ufficio nazionale per la pastorale delle vocazioni