Chiesa

MILANO. Casa del clero, già dati al Comune 110mila euro

Umberto Folena domenica 18 dicembre 2011
Il primo dato incontrover­tibile: la «Casa del clero» ovvero la chiesa rettorile di San Tommaso, per gli im­mobili di sua proprietà o con­cessile in uso, ha sinora ver­sato al Comune di Milano cir­ca 110 mila euro di Ici. Nega­re questo o affermare che «non paga l’Ici» è una calun­nia. Secondo: il video realiz­zato dai radicali è teso a offri­re un’immagine parzialissima di via San Tomaso 2, sede del­la struttura, che non è un al­bergo, non ha insegne e non è aperta al pubblico. La «Ca­sa del clero» dà ospitalità a sa­cerdoti anziani, ormai senza parrocchia, preti in servizio nell’arcidiocesi ambrosiana, pochi sacerdoti e religiosi di passaggio; ancor meno laici legati alle organizzazioni cat­toliche accolti per una o al massimo due notti, un’ottan­tina di presenze nell’intero 2010. Perché mai Mario Sta­derini, che certo non è impe­gnato in una realtà cattolica, si è rivolto a una struttura non aperta al pubblico? Forse per­ché sa che preti e suore quan­do qualcuno bussa aprono comunque? Sottolineature e domande impellenti e dovute, dopo la replica di venerdì di Staderi­ni, segretario dei Radicali ita­liani, a ciò che i responsabili della Casa del clero hanno di­chiarato ad Avvenire. Replica in cui sono contenute notizie a metà e a meno della metà. È vero che la «Fondazione o­pera aiuto fraterno», proprie­taria di una porzione di via San Tomaso 2, non è tenuta a pagare l’Ici, ma perché ha ce­duto il diritto di superficie al­la chiesa rettorile, e la legge stabilisce che in questi casi l’imposta deve essere versata non dal proprietario ma dal titolare del diritto di superfi­cie. La chiesa rettorile è dun­que l’unico soggetto tenuto a versare l’imposta, e la versa. Ma non per gli spazi destina­ti all’accoglienza stabile del clero diocesano, che ne sono esenti.Una parte del com­plesso è costituita da due lo­cali, affittati a un bar e a una scuola di lingue, e da un se­minterrato adibito a deposito. La chiesa rettorile paga l’Ici, appunto, su questa porzione. La «Casa del clero» – va ripe­tuto – è costituita da un edifi­cio di otto piani e da uno di tre. Quello di otto piani ha 16 piccoli appartamenti per sa­cerdoti, in gran parte anzia­ni, di 80 anni e oltre. Quello di tre ha due piani con came­re più piccole, sempre per preti che vi dimorano stabil­mente, più un piano per gli o­spiti temporanei. La circolare del 2009 del Mi­nistero delle Finanze precisa quali sono le modalità di svol­gimento delle attività agevo­late (in questo caso quella ri­cettiva) tali per cui si possa af­fermare che esse sono svolte in maniera «non esclusiva­mente commerciale». Per la ricettività complementare la circolare richiede che l’ospi­talità sia offerta a una catego­ria predefinita di soggetti e che le rette richieste siano si­gnificativamente inferiori ai prezzi di mercato. La chiesa rettorile ha ritenuto e ritiene che la propria attività di ac­coglienza corrispondesse a quanto richiesto dalla legge. Se poi il Comune di Milano – che ha svolto verifiche e fino­ra mai ha sollevato eccezioni – volesse condurre ulteriori accertamenti, troverà la con­sueta massima disponibilità. Questi sono i fatti. Con un’ag­giunta: in questi anni la strut­tura ha pagato un’Ici perfino superiore a quella che la leg­ge le avrebbe consentito, per­ché soltanto dal 2010 ha ap­plicato la tariffa agevolata prevista per tutti gli edifici con vincolo monumentale.