Chiesa

Il viaggio. Francesco torna in Asia: Vangelo, carità, dialogo

Mimmo Muolo sabato 10 gennaio 2015
È ormai chiaro che nelle priorità del pontificato di Francesco ve n’è una di carattere geografico: l’Asia. Verso quel continente, infatti, si sono indirizzati (anche se a vario titolo) tre dei sei viaggi internazionali finora compiuti dal Papa. Che diventeranno quattro su sette la prossima settimana con l’itinerario che lo porterà in Sri Lanka e Filippine dal 12 al 19 gennaio. Una visita che si somma a quella dello scorso agosto nella Corea del Sud e che fa salire a due su tre i viaggi a lungo raggio verso l’Estremo Oriente. Detto questo, sarebbe però fuorviante – specie alla luce dei luttuosi eventi di questi giorni a Parigi e in Nigeria – ritenere l’ormai imminente spostamento del Pontefice come la mera continuazione di quello di qualche mese fa nel Paese al di sotto del 38° parallelo. Il viaggio che papa Bergoglio si accinge a fare ha infatti una sua fisionomia ben precisa che – come sempre accade quando Francesco si sposta da Roma – lo connota in maniera singolare. Come ha fatto notare giovedì scorso il cardinale segretario di Stato, Pietro Parolin, nella ormai consueta intervista al Centro Televisivo Vaticano prima dei viaggi internazionali del Papa, quella in Sri Lanka e nelle Filippine è soprattutto una vista a due Chiese dell’Asia, che pur essendo accomunate dalla stessa missione – «annunciare il Vangelo» – vivono in situazioni completamente diverse. Potrebbe apparire un’affermazione ovvia, ma non lo è, anzi ci consegna un’intelligenza del viaggio che ne costituisce il messaggio principale.  Che cosa intende dire, in sostanza, Francesco recandosi nei due Paesi? Innanzitutto che si può e si deve portare Cristo (il quale in Asia è nato) anche a un continente finora rivelatosi abbastanza impermeabile alla Buona Novella. E che bisogna farlo tenendo conto dei contesti e delle situazioni assai diversi da zona a zona (anche per questo il Pontefice porterà 'in dono' al Continente tre nuove porpore cardinalizie, recentemente annunciate). 

Non deve sfuggire, infatti, che la scelta dei Paesi e delle relative Chiese da visitare nell’Oriente più lontano è caduta su tre tipologie differenti e in qualche modo complementari tra loro. Se quella coreana è l’emblema di una comunità ecclesiale fondata sul sangue dei martiri e in forte espansione missionaria, Filippine e Sri Lanka costituiscono in un certo senso gli altri due lati di un ideale triangolo. Nell’arcipelago del Pacifico la fede cristiana è arrivata nel 1521 (il viaggio del Papa si inserisce nella novena di preparazione del V centenario) ed è profondamente radicata nella quasi totalità della popolazione (le Filippine sono con Timor Est l’unico Paese a maggioranza cattolica in Asia). In Sri Lanka invece i cattolici sono il 7 per cento, una minoranza (come nella gran parte del continente), ma una minoranza creativa che riveste un ruolo centrale nella pacificazione dopo il sanguinoso conflitto tra tamil indù (13 per cento) e cingalesi buddisti (70 per cento). Ecco, dunque, la doppia anima di questo viaggio: Vangelo e carità da un lato; Vangelo e dialogo interreligioso dall’altro. Un’anima che si aggiunge – completandola – a quella (in un certo senso più 'politica') della visita in Corea, con gli appelli al dialogo lanciati verso la Cina e le altre nazioni chiuse al cristianesimo (il Papa sorvolerà ancora la Grande Muraglia). Nelle Filippine Francesco troverà una Chiesa maggioritaria, che lo attende con lo stesso affetto riservato vent’anni fa a Giovanni Paolo II e culminato nella Messa più grande della storia (4 milioni di fedeli al centro di Manila). Una Chiesa punto di riferimento anche culturale per i tanti giovani della regione che vanno lì a studiare in istituzioni antiche come l’Università Santo Tomas (non a caso inserita nell’itinerario papale). Una Chiesa che ha una sua irradiazione missionaria, grazie ai tanti filippini che vanno a lavorare all’estero. Ma soprattutto una Chiesa vicina ai poveri con le sue molte iniziative caritative, che saranno in qualche modo 'benedette' e rilanciate dal Papa, quando, il prossimo 17 gennaio si recherà a Tacloban, nella zona più toccata a novembre del 2013 dal disastroso tifone Yolanda (8mila morti, 30mila feriti, 550mila case distrutte). «Le potenzialità di evangelizzazione delle Filippine sono molteplici – ha confermato il cardinale Parolin –. L’importante è che la Chiesa locale accolga l’impulso del Papa a essere una Chiesa in uscita».   Lo stesso compito che attende la comunità ecclesiale srilankese, pur in ambito multireligioso. Nei primi due giorni del viaggio, quelli che il Papa trascorrerà nell’isola dell’Oceano Indiano, è molto probabile che vengano in primo piano i temi del dialogo interreligioso: promuovere e consolidare sempre più l’incontro, il rispetto e l’accettazione reciproca. Una necessità che assume ancora più valore alla luce degli avvenimenti di questi giorni. L’emblema, da questo punto di vista, è il santuario nazionale di Nostra Signora del Rosario a Madhu. Sorge in una zona a maggioranza tamil, ma è visitato da tutti e durante la guerra civile, quando le sue mura si trovavano proprio sulla linea del fronte era diventato un centro di sfollati da entrambe le parti. Ecco, dunque, simboleggiato il ruolo di «Chiesa-ponte» (come l’ha chiamata il segretario di Stato vaticano), tanto più importante oggi, all’indomani delle elezioni politiche che hanno portato al potere il leader dell’opposizione e mentre si riaffaccia l’ombra di un certo fondamentalismo buddista. «Sebbene queste tensioni possano minacciare le relazioni interreligiose ed ecumeniche – disse Francesco ai vescovi srilankesi in visita ad limina, lo scorso 3 maggio –, la Chiesa nello Sri Lanka deve continuare a essere ferma nel cercare partner nella pace e interlocutori nel dialogo». E quindi aggiunse: «Mentre il Paese cerca di riunirsi e guarire, la Chiesa si trova in una posizione unica per offrire un’immagine vivente di unità nella fede, poiché ha tra le sue file sia cingalesi sia tamil». Parole che, non è difficile ipotizzare, il Papa potrebbe ripetere una volta giunto a Colombo.