Chiesa

Le foto. I sei anni del cardinale Scola a Milano

Andrea Galli giovedì 6 luglio 2017

Il 25 settembre 2011. L'abbraccio tra i cardinali Angelo Scola e Dionigi Tettamanzi (Omnimilano)

Sono passati poco più di sei anni da quel 28 giugno 2011 in cui Benedetto XVI nominava il cardinale Angelo Scola nuovo pastore dell’arcidiocesi di Milano. Scola si vedeva così proiettato dal patriarcato di Venezia a un’altra sede storica, quella di sant’Ambrogio e san Carlo Borromeo. Un cambio inedito, almeno a memoria d’uomo. Il suo ingresso ufficiale, accolto dal cardinale Dionigi Tettamanzi, fu il 25 settembre dello stesso anno.



L’inizio dei lavori fu all’insegna di una gran lena e senza troppi clamori, in stile meneghino, quasi a ricordare a tutti che il cardinale venuto dalla Laguna era ambrosiano per natali e fin nel midollo. In poco più di un mese si registrarono: l’incontro con le realtà diocesane della fragilità, della cultura, della comunicazione, del lavoro, dell’economia, della politica e delle istituzioni... l’invio alla diocesi della prima lettera pastorale (Il bene della famiglia. Per confermare la nostra fede) poi l’incontro con le sette Zone pastorali, nelle rispettive città capoluogo…


E qualche mese più in là, nel maggio 2012, il primo grande evento: il VII incontro mondiale delle famiglie, con l’arrivo il 1° giugno di Benedetto XVI.

Molti sono i segni che il cardinale arcivescovo da ieri emerito lascia, dopo un cammino pluriennale fatto con passo veloce e tranquillo. Due sono i Papi che ha potuto ospitare, privilegio non usuale: prima Ratzinger e poi Bergoglio, lo scorso 25 marzo. La visita pastorale nell’arcidiocesi, apertasi nel settembre 2015 e chiusasi nel marzo di quest’anno, è stata come un check up, ha permesso di avere un quadro aggiornato dello stato di salute di un organismo oltremodo complesso e vario, con i suoi quasi 5 milioni di battezzati (più dei battezzati di tante nazioni europee, dalla Croazia, all’Inghilterra, all’Olanda...).

Anche la modalità studiata, più snella, e con uno speciale coinvolgimento dei sacerdoti, dei decani e soprattutto dei vicari di Zona (ma alla fine gli incontri svoltisi con l’intervento dell’arcivescovo sono risultati ben 56) ha permesso di portare a termine la visita in tempi non biblici.



L’Anno Costantiniano, o meglio le celebrazioni per il 1700° anniversario dell’Editto di Milano, che Scola ha aperte il 6 dicembre 2012, oltre a portare in diocesi personalità religiose e del mondo della cultura di livello internazionale, sono state l’occasione per riscoprire il protagonismo della città e della diocesi in uno dei passaggi chiave per la storia del cristianesimo e dell’Occidente.


Una Milano che si è ricordata di essere stata “capitale” guardando ai primi secoli dopo Cristo, così come si è ritrovata “capitale” due anni dopo, in occasione dell’Expo.

Grande e riconosciuto da tutti è stato il contributo dato dall’arcidiocesi all’evento. Una delle tracce visibili, e si spera durature, di quell’esperienza e della collaborazione con istituzioni e società civile, è oggi il Refettorio ambrosiano, mensa per i poveri progettata sotto la supervisione di uno dei più prestigiosi chef al mondo, Massimo Bottura.

Sempre per quanto riguarda l’attenzione alla povertà e alle sofferenze nascoste di una città e di un circondario che, pur nella loro dinamicità hanno scontato duramente la crisi economica degli ultimi anni, nel novembre 2012 Scola ha lanciato la seconda fase del Fondo Famiglia Lavoro. E alla fine del Giubileo della misericordia anche una terza fase, improntata al sostegno per la formazione e il ricollocamento dei disoccupati sul mercato del lavoro.


Ma il segno che Scola lascia è anche, o soprattutto, nel suo magistero, nelle tre lettere pastorali (oltre a quella già citata, anche Alla scoperta del Dio vicino del 2012 e Il campo è il mondo. Vie da percorrere incontro all’umano del 2013) nelle catechesi in Duomo in Avvento, Quaresima e nel mese di maggio, nei tanti incontri con i giovani. Un magistero intessuto della cultura del teologo e della concretezza del pastore. Nella sentita lettera scritta a conclusione della visita pastorale, ha scritto Scola sulla Chiesa di Milano: «La venuta tra noi del Santo Padre è stata un richiamo così forte da rendere visivamente evidente che la nostra Chiesa è ancora una Chiesa di popolo... Non dobbiamo più racchiuderci tristi in troppi piagnistei sul cambiamento epocale... con gratitudine per il dono di Cristo e della Chiesa, siamo chiamati a lasciarlo trasparire come un invito affascinante per quanti quotidianamente incontriamo». E su se stesso: «Durante la celebrazione dell’Eucaristia nelle tante parrocchie e realtà incontrate, così come nei saluti pur brevi che ci siamo scambiati dopo la Messa, e, in modo speciale, nel dialogo assembleare cui ho fatto riferimento, ho sempre ricevuto il grande dono di una rigenerazione della mia fede e l’approfondirsi in me di una passione, quasi inattesa, nel vivere il mio compito».