Chiesa

NAPOLI. I vescovi campani: «Fuori la camorra dalle feste popolari»

Rosanna Borzillo martedì 7 maggio 2013
Non c’è più spazio per “feste popolari che hanno solo la parvenza di sacro e non rendono credibile la fede da parte dei lontani; né per processioni che si esauriscono in estenuanti maratone di questuanti che offendono il decoro”. I vescovi della conferenza episcopale campana dicono basta alle celebrazioni in cui la fede non è in primo piano. E dove personaggi ambigui e talora collusi con la malavita cercano di entrare per trarne del prestigio. I presuli – rappresentati a Napoli dal presidente della conferenza Crescenzio Sepe e dai vescovi di Cerreto Sannita Michele De Rosa, di Vallo della Lucania Ciro Miniero, di Nola Beniamino Depalma, di Salerno Luigi Moretti e dall’ausiliare di Napoli Antonio Di Donna – hanno dettato le norme per ritornare a “feste religiose che siano autentiche celebrazioni di fede, purificate da infiltrazioni profane”.Il documento dal titolo “Evangelizzare la pietà popolare” «non è una gabbia dove rinchiudervi la libertà e la spontaneità dei fedeli – spiega monsignor De Rosa, che ha coordinato i lavori – bensì un modo per qualificare la pastorale».  «L’assenza di norme valide per tutti – ha spiegato il vescovo Depalma – offriva giustificazioni a chi trasgrediva. Ora le regole ci sono e il controllo è affidato ai vescovi. Facciamo sempre affidamento sulla responsabilità dei parroci, che non sono più soli nel fronteggiare i comitati». Concorda il vescovo di Salerno, Moretti, che sottolinea «il vero problema è evitare che i sacerdoti si sentano in prima linea in questa battaglia».I vescovi ribadiscono che le feste religiose sono di esclusiva competenza e autorizzazione dell’autorità ecclesiastica, che coinvolge la forza pubblica locale per il necessario servizio di vigilanza e sicurezza e si distinguono dalle altre manifestazioni che nulla hanno di religioso e non sono riferibili all’autorità ecclesiastica. Perciò, consapevole che il tema è delicato e che richiede unità d’azione, in quanto le venticinque diocesi della Campania sono territorialmente legate l’una all’altra, la Cec elabora indicazioni concrete chiarendo, innanzitutto, che ogni festa va autorizzata dall’Ordinario e va conclusa con un gesto di solidarietà perché il momento ludico non può essere «prevalente e staccato dal momento religioso». Attenzione, poi, raccomandano i Pastori, alla costituzione dei comitati che siano temporanei, presieduti dal parroco e sempre formati “da persone che si distinguono per impegno ecclesiale ed onestà di vita”.«Questo garantirà l’esclusione di tentativi di infiltrazione della criminalità organizzata», spiega il cardinale Sepe. Anche sulle processioni le norme sono severe: non è lecito attaccare denari alla statua che peraltro non può essere messa all’asta e trasportata dai migliori offerenti; le processioni seguano le vie principali e siano di breve durata. «La pietà popolare è espressione della fede e va tutelata, scrostandola da fenomeni di prepotenza, che vanno contrastati in ogni modo – dice il vescovo Miniero – se necessario anche sospendendo la processione, come accaduto in passato». Infine, una raccomandazione per le diocesi con santuari: “Proibiti i cortei che ostentano stendardi religiosi coperti di denaro. Come proibite le manifestazioni di isterismo che profanano il luogo sacro”. E, infine, che “i punti vendita di ricordi non siano sistemati all’interno dell’aula liturgica  e non abbiano l’apparenza di un mercato”.Nel 1973 i Vescovi campani avevano già elaborato direttive precise riguardanti le feste religiose. «Ma non abbiamo la bacchetta magica – spiega monsignor Di Donna – è necessaria un’attenta opera di evangelizzazione perché quanto detto da noi sia interiorizzato».​