Chiesa

Il Papa e l'Amoris Laetitia. Non si riduce l'amore a una «sterile casistica»

Luciano Moia domenica 17 giugno 2018

«Alcuni hanno ridotto l’Amoris laetitia a una sterile casistica di 'si può' e 'non si può'. Non hanno capito nulla». Il vero cuore dell’Esortazione postsinodale che raccoglie «i frutti del provvidenziale percorso sinodale sulla famiglia compiuto da tutta la Chiesa», non è il contestato capitolo ottavo – 'Accompagnare, discernere e integrare le fragilità' – ma il quarto, in cui il Papa parafrasa l’inno alla carità di san Paolo nella prospettiva dell’amore coniugale. Il fatto che ieri Francesco, rivolgendosi al Forum delle associazioni familiari, abbia sentito la necessità di ribadire la centralità del legame stabile tra uomo e donna come architrave della famiglia in una prospettiva che è garanzia di futuro per la Chiesa e per la società non è casuale. Non è la prima volta, dopo oltre due anni dalla pubblicazione di Amoris laetitia, che il Papa invita a mettere da parte letture segnate da assilli normativi e da dubbi dottrinali per sottolineare invece la necessità di comprendere il senso autentico e profondo della vita di coppia. Fondamentale è accompagnare donne e uomini nella vita matrimoniale, facendo loro gustare la bellezza di un percorso che si nutre di pazienza, tolleranza, carità, disponibilità, gratitudine, benevolenza, capacità di sopportazione, apertura al perdono da offrire e da ricevere. Cioè proprio i punti che costituiscono la trama dello straordinario capitolo quarto del documento papale.

Percorso non facile, per cui forse sarebbe necessario – ha osservato ancora il Papa – anche «un catecumenato per il matrimonio», ma irrinunciabile. Se non si cresce nell’amore coniugale, se l’alleanza di coppia non è fondata su reciprocità e complementarietà, se cioè non diventa paradigma armonioso capace di dare testimonianza di coerenza cristiana ma anche civile, fuori e dentro casa, tutto il resto diventa poco credibile. Che senso avrebbero le rivendicazioni sociali del Forum senza famiglie capaci di «andare con coraggio incontro agli altri, di non chiudersi nel proprio comodo ma di cercare punti di convergenza con le persone, di gettare ponti andando a scovare il bene ovunque si trova»? Di fronte a famiglie che cercano con fatica e sacrificio di modellarsi sulla lunghezza d’onda del Vangelo, capaci di cogliere la voce dello Spirito anche quando parla attraverso le fragilità, richiamare ogni volta l’elenco dei divieti e dei permessi diventa, più che inutile, quasi dannoso. «Per molto tempo abbiamo creduto che solamente insistendo su questioni dottrinali, bioetiche e morali, senza motivare l’apertura alla grazia, avessimo già sostenuto a sufficienza le famiglie, consolidato il vincolo degli sposi e riempito di significato la loro vita insieme» (Al 37). E invece no, ha insistito ancora una volta ieri il Papa. Quell’approccio tutto giocato sul formalismo prescrittivo rappresentava una proposta parziale, e ha determinato infatti risposte sempre più tiepide e poi anche esodi consistenti dalle nostre comunità di cui le statistiche sul crollo dei matrimoni sono tra le conseguenze più evidenti. Più delle norme, ha messo in luce ancora Francesco, conta la «gioia dell’amore». E si tratta di una gioia che supera anche i dubbi della fede. Perché «può darsi che anche due non credenti, se si amano e si uniscono in matrimonio, sono immagine e somiglianza di Dio», ha detto il Papa prendendo ancora una volta in contropiede i rigoristi. Ma si tratta di una riflessione del tutto coerente. Ciò che è sinceramente umano è anche autenticamente cristiano. E un percorso di vita buona, come quello fondato sull’amore di una coppia che cerca il bene per sé e per i propri figli, per la comunità in cui vive, non può che essere aperto alla luce dell’infinito.

Il segno della gioia, titolo dell’Esortazione postsinodale, è anche quello su cui si giocherà il prossimo Incontro mondiale delle famiglie in Irlanda, dal 21 al 26 agosto, «Il vangelo della famiglia, gioia per il mondo ». A sottolineare che un amore con le caratteristiche evidenziate nel fondamentale quarto capitolo – carità e tenerezza, accoglienza e amabilità – è gioiosa premessa di crescita per gli sposi, per i figli, per tutta la comunità. «Non vi è infatti argomento migliore della gioia che, trasparendo dall’interno, prova il valore delle idee e del vissuto». Ecco l’autentica e straordinaria rivoluzione evangelica di Amoris laetitia proposta da Francesco.

La gioia a cui fa riferimento il Papa non è inutile romanticismo ma ha i profili dell’alleanza fondata su una scelta libera e accogliente, un patto senza riserve, capace di alimentare progetti e fiducia. Questo in fondo è anche il senso dell’amore indissolubile. Non vincolo prescrittivo ma misura divina nutrita dal dono della grazia che è ricchezza per la famiglia ma anche, offrendo garanzie di tenuta e di stabilità, risorsa per il bene comune. Punto d’arrivo di un percorso educativo all’amore che non si può né improvvisare né imporre per decreto.