Chiesa

Il viaggio in Usa. È santo l’apostolo della California

Andrea Galli giovedì 24 settembre 2015
«Siamo figli dell’audacia missionaria di tanti che hanno preferito non rinchiudersi nelle strutture che danno una falsa protezione... nelle abitudini in cui ci sentiamo tranquilli, mentre fuori c’è una moltitudine affamata... siamo debitori di una Tradizione, di una catena di testimoni che hanno reso possibile che la Buona Novella del Vangelo continui ad essere di generazione in generazione Nuova e Buona». Con queste parole il Papa ha introdotto ieri il nome di fra’ Junipero Serra, nell’omelia della Messa celebrata alle 16.15 (22.15 ora italiana) nel Santuario nazionale dell’Immacolata Concezione di Washington D.C. Liturgia in cui ha canonizzato il francescano spagnolo che era stato beatificato da Giovanni Paolo II nel 1988. Si è trattato di una “canonizzazione equipollente”, cioè voluta dal Pontefice anche senza il secondo miracolo richiesto dall’iter canonico ordinario, così come sono state quelle del gesuita francese Pietro Favre, tra i primi seguaci di sant’Ignazio di Loyola, del gesuita spagnolo José de Anchieta, apostolo del Brasile, della mistica Angela da Foligno, dell’oratoriano Giuseppe Vaz, oratoriano, colonna del cattolicesimo dello Sri Lanka, del vescovo Francesco de Laval e di suor Maria dell’Incarnazione, francesi, fondamenta della Chiesa canadese. «Sono tutti in linea con la Evangelii gaudium» aveva detto Francesco lo scorso gennaio in volo verso le Filippine, spiegando la scelta di “promuovere” questa figure a modelli per la Chiesa universale.Di san Junipero Serra (1713-1784) – che nato nell’isola di Maiorca partì in missione per il Nuovo Mondo e, quando i gesuiti furono espulsi dalle colonie spagnole, si ritrovò a dirigere le missioni che avevano lasciato nella Bassa California, fondandone poi, lui e i suoi confratelli, altre 21 in quella che è l’attuale California – il Papa ha sottolineato il carisma di evangelizzatore: «Ha saputo vivere quello che è “la Chiesa in uscita”, questa Chiesa che sa uscire e andare per le strade, per condividere la tenerezza riconciliatrice di Dio; ha saputo lasciare la sua terra, le sue usanze, ha avuto il coraggio di aprire vie».Attorno a fra’ Junipero e ai suoi confratelli è fiorita una vera e propria leggenda nera, che si è fatta sentire anche durante i preparativi di questo viaggio e di questa canonizzazione. Le accuse rivolte ai francescani sono state in sostanza quelle di aver oppresso e maltrattato gli indigeni, fino alla complicità nel loro sterminio. La storiografia ha nel tempo offerto una ricostruzione accurata dei fatti – a questo scopo è stata organizzata lo scorso maggio a Roma, all’Augustinianum, anche un’importante giornata di studio – evidenziando che quella dei francescani fu un’imponente opera di promozione umana, oltre che di apostolato.Rispondendo implicitamente alla leggenda nera, Bergoglio ha ribadito con parole limpide che fra’ Junipero Serra «ha saputo andare incontro a tanti imparando a rispettare le loro usanze e le loro caratteristiche, ha imparato a generare e ad accompagnare la vita di Dio nei volti di coloro che incontrava rendendoli suoi fratelli. Junipero ha cercato di difendere la dignità della comunità nativa, proteggendola da quanti ne avevano abusato. Abusi che oggi continuano a procurarci dispiacere, specialmente per il dolore che provocano nella vita di tante persone».E ha chiuso la sua omelia, il Papa, con queste parole: «Scelse un motto che ispirò i suoi passi e plasmò la sua vita: seppe dire, ma specialmente seppe vivere dicendo: “Sempre avanti”. Questo è stato il modo che Junipero ha trovato per vivere la gioia del Vangelo, perché non si anestetizzasse il suo cuore. È stato sempre avanti, perché il Signore aspetta; sempre avanti, perché il fratello aspetta; sempre avanti per tutto ciò che ancora gli rimaneva da vivere; è stato sempre avanti. Come lui allora, che noi oggi possiamo dire: sempre avanti».