Chiesa

Milano. Don Mazzolari inserito nel «Giardino dei Giusti»

Maria Chiara Gamba martedì 7 marzo 2017

Don Primo Mazzolari seduto in giardino pensieroso. Foto da fondazione don Primo Mazzolari

«Merita il titolo di Giusto per ciò che ha fatto e per quanto rappresenta», spiega con voce sicura il novantenne ebreo Oskar Tänzer la cui vita si è intrecciata con quella di don Primo Mazzolari, il parroco di Bozzolo per il quale è stata autorizzata l'apertura della causa di beatificazione. «Sono molto emozionato per questo riconoscimento» ha detto ieri commentando l’inserimento, da lui fermamente voluto, del sacerdote cremonese nel novero del Giardino dei Giusti del Monte Stella di Milano.

Un titolo, chiuso in una pergamena consegnata al presidente della Fondazione don Mazzolari, don Bruno Bignami, ieri a Palazzo Marino sede del Comune di Milano in occasione della Giornata europea dei Giusti. Un maestro di dialogo, come gli altri Giusti, capace di battersi contro l’odio, capace di solidarietà.

Una figura, quella di don Mazzolari che si affianca a cattolici e musulmani di ieri e di oggi che «ci indicano la strada da percorrere», come dice Gabriele Nissim, presidente di Gariwo, l’associazione internazionale che nel capoluogo lombardo gestisce (con il Comune e l’Unione delle comunità ebraiche italiane) il 'Giardino dei Giusti di tutto il mondo' presso il Monte Stella. Tengono alto il nome della dignità umana e sono così tanti che lo spazio non è sufficiente per piantare un albero in nome di ciascuno, anche se quest’anno ne sono stati piantati 5 per Hamadi Ben Abdesslem, Raif Badawi, Lassana Bathily, Etty Hillesum e Pinar Selek.

È stato così necessario un Giardino virtuale nel quale ieri sono stati inseriti 25 nomi, 25 storie di grande umanità come quella di don Mazzolari. Tra loro ci sono sacerdoti come don Piero Folli, parroco a Voldomino, il milanese don Eugenio Bussa, don Francesco Cavazzuti missionario in Brasile; ci sono consacrati come Madre Donata Castrezzati madre superiora delle Suore delle Poverelle a Milano, la beata suor Enrichetta Alfieri “l’angelo dei detenuti” di San Vittore, padre Placido Cortese; poi militari come Lucillo Merci, capitano dell’Esercito italiano a Salonicco o il maggiore Ubaldo Pesapane deportato a Flossenburg, Mbaye Diagne, capitano del contingente delle Nazioni Unite in Rwanda e poi ancora ingegneri, insegnanti, coniugi… uomini coraggiosi.

Proprio come il sacerdote della Bassa che nell’ottobre del 1943 si presenta in casa dei Tänzer a Bozzolo per offrire loro un nascondiglio vista la necessaria segnalazione ai tedeschi. Il parroco sa che la canonica è sotto il controllo dei militari, così trova una famiglia disposta ad ospitarli di nascosto. La storia poi andrà diversamente perché i Tänzer, sfollati prima dalla Germania, poi da Milano, sceglieranno la Svizzera: «Mio padre – dice Oskar – non voleva rischiare la vita di chi ci avrebbe ospitato, preferiva che noi soli corressimo il rischio di morire». Ma al termine del conflitto torneranno a Bozzolo a recuperare i loro beni affidati a don Mazzolari che nel frattempo glieli ha fatti fruttare. «Il mio sogno – dice Tänzer che oggi, nonostante l’età, va nelle scuole a raccontare le vicende complesse della sua vita da ebreo sopravvissuto al nazismo – è vedere don Mazzolari tra i Giusti dello Yad Vashem».