Chiesa

La storia. Don Curti da 78 anni parroco di Marzio: e non sapevo dov’era

Enrica Lattanzi venerdì 24 gennaio 2014
«Nascessi cento volte, cento volte farei il prete e il parroco». A pronunciare la frase è la voce ferma, decisa e nel contempo tenera e saggia di un sacerdote che fra una manciata di giorni (il prossimo 15 febbraio) raggiungerà il secolo di vita e da 78 anni, da quando cioè è stato ordinato presbitero, è ininterrottamente alla guida della comunità di Marzio, provincia di Varese, diocesi di Como. Monsignor Luigi Curti è amato da tutti: dai parrocchiani e da chiunque abbia avuto modo di incontrarlo e di sperimentare le sue doti di ascolto, preghiera e accoglienza.«È una persona che sa voler bene e insegna a voler bene – spiega un giovane sacerdote –. È un grande testimone di fede e un finissimo teologo». Doti che gli sono riconosciute da sempre: in passato è stato invitato a predicare gli esercizi spirituali ai sacerdoti e a tenere incontri un po’ in tutta Italia. Nel 1954 fu in Francia per una serie di conferenze teologiche. E nel 1961 fu l’Osservatore Romano a parlare di don Luigi, con la giornalista Maria Sticco che lo paragonò al santo curato d’Ars. «Poco prima dell’ordinazione sacerdotale – racconta don Curti – il vescovo monsignor Alessandro Macchi mi comunicò di avermi destinato all’insegnamento in Seminario. Ne fui molto contento, perché insegnare mi piaceva». Ordinato prete (il 22 novembre 1936), monsignor Macchi lo convocò nuovamente «e mi disse che aveva la necessità di provvedere con urgenza alla cura della parrocchia di Marzio – riprende Curti –. Mi inviava lì perché supplissi temporaneamente al bisogno: in quel momento ero l’unico sacerdote subito disponibile in diocesi». Marzio, piccolo comune della Valganna, conta oggi quasi trecento abitanti e domina, dall’alto, il lago di Lugano. Don Luigi, nativo di Verceia (So) non sapeva dove si trovasse. «Il vicario generale mi disse di cercarlo sulla carta geografica, ma non lo trovai. Visto che era nella zona di Varese interpellai una mia zia che abitava a Busto Arsizio: fu lei a spiegarmi come arrivarci. Presi il treno, poi il tram bianco fino a Ghirla e da lì iniziai la salita verso il paese. Arrivato, entrai in chiesa e poi in casa parrocchiale. Non c’era nessuno in giro. Allora suonai le campane e la gente accorse a vedere. Mi presentai e iniziai a fare il parroco».Da allora non ha mai smesso: tutti i giorni, nella chiesa dedicata a San Sebastiano, don Luigi presiede l’Eucaristia e guida la vita pastorale della comunità. «Ma non riesco più a seguire la gente in tutte le sue necessità», si lamenta don Luigi. Nella sua vita ha incontrato figure luminose di santità. Come padre Agostino Gemelli, Armida Barelli («la nostra amicizia – ci confida – iniziò nel 1936 e si interruppe solo con la sua morte, nel 1952. L’ho sostenuta e seguita nell’iniziativa delle opere della regalità»). O san Luigi Guanella: «passava davanti alla nostra casa tutti i giorni – ricorda don Curti –. Un giorno mia madre lo chiamò perché ero malato e nessuno riusciva a capire cosa avessi. Ricevetti la sua benedizione e guarii». Don Curti vuol dire grazie a tutti coloro che gli vogliono bene, si ricordano di lui e gli sono vicini. «Sono sempre stato un parroco di montagna – conclude – e tutto quello che ho fatto, l’ho fatto con gran cuore».