Chiesa

La sorpresa. La primavera dei Domenicani: tra i giovani aumentano le vocazioni

Filippo Rizzi martedì 14 novembre 2023

Una delle comunità dei domenicani della Provincia di San Domenico

Da circa sei anni la provincia di San Domenico dell’Ordine dei frati predicatori – una realtà che comprende tutto il nord Italia e raggiunge come suo ultimo avamposto di missione la Turchia – sta vivendo un momento di grazia, quasi una primavera vocazionale. Un costante ingresso di giovani con un diploma, o una laurea (a volte anche un dottorato) o un lavoro alle spalle, che, dopo un attento periodo di discernimento, decidono di spendere tutta la loro esistenza come religiosi e sacerdoti.

Usque ad mortem, fino alla morte, come direbbero proprio i domenicani. «Sarà per il fascino del nostro abito bianco e nero, o per le preghiere di tanti fedeli – racconta sorridendo l’attuale priore della Provincia di San Domenico, il livornese fra’ Daniele Drago– ma è vero, constatiamo una crescita costante di vocazioni nella nostra Provincia: di media scelgono di vestire l’abito domenicano circa sette giovani ogni anno ». La Provincia domenicana del nord Italia oggi è composta da circa 170 religiosi, con più di 40 in formazione, conta 14 conventi da Bolzano fino ad Ancona , compresi luoghi prestigiosi della memoria storica quali la bramantesca Santa Maria delle Grazie a Milano e la Basilica patriarcale di San Domenico a Bologna, dove riposano le spoglie del fondatore, san Domenico di Guzmán (1170-1221). « A sorprenderci è soprattutto la provenienza di questi ragazzi o uomini, con vocazioni più adulte – continua padre Drago – perché sono per il 95 per cento italiani. Tra loro ci sono anche sacerdoti diocesani che decidono di farsi frati. Grazie a questo incremento di ingressi la nostra piccola provincia religiosa, dopo la Polonia, è quella che in questo momento conta più vocazioni in Europa». Padre Drago, classe 1976, canonista per percorso accademico, un domenicano che ha avuto a suo tempo come guida e modello di direzione spirituale una figura carismatica e originale quale il gesuita Giandomenico Mucci, sottolinea un altro aspetto: «Questi nuovi frati intraprendono poi un percorso formativo fino ai voti solenni e al sacerdozio che dura circa 9 anni. Un lungo periodo formativo, ma nel corso del quale i casi di abbandono sono molto rari». La piccola fioritura di vocazioni, in un’Italia sempre più secolarizzata e post-cristiana, «ha abbassato l’età media dei frati della Provincia, che è scesa a 55 per la prima volta, e ha fatto crescere il numero totale dei religiosi, nonostante i numerosi decessi». Spiega ancora Padre Drago: «Soprattutto nel periodo di prova di circa 12 mesi, l’aspirantato, in cui si presentano tanti ragazzi, in media 16 l’anno, cerchiamo di capire con loro cosa vogliono fare da grandi e se sono pronti ai sacrifici tipici della vita consacrata, a partire dai voti di povertà, castità e obbedienza, anche attraverso la consulenza di psicologi e di test attitudinali. Cerchiamo di sondare in modo rigoroso l’armonia caratteriale, la maturità affettiva e intellettuale di questi candidati al presbiterato o alla vita religiosa. Recentemente, secondo le leggi attuali della Chiesa, abbiamo adottato un ulteriore test per tutti i candidati per attestare che non siano inclini a problematiche con i minori». Questi nuovi frati hanno alle spalle vite che sono lo «spaccato reale della nostra società», dove spesso il senso di Dio non fa più parte di un alfabeto condiviso né a scuola né tra le mura domestiche. « Molti di loro provengono da famiglie ferite e con un retroterra non più cattolico come esisteva nel Novecento. Si portano dietro un percorso familiare molto “patchwork”, come è capitato a un nostro illustre confratello, il cardinale arcivescovo di Vienna Christoph Schönborn. Nonostante questo trovano nei nostri conventi la loro casa, la loro patria interiore, dove sperimentano il rispetto per le loro inclinazioni carismatiche». In questa ripresa vocazionale padre Drago sottolinea poi l’importanza «dell’ascolto, della preghiera, della vita comunitaria, lo studio in modo attuale del nostro Tommaso d’Aquino, quello che io definirei “tomismo creativo”, della compresenza nei nostri conventi, in modo proporzionato, da giovani frati e confratelli più anziani ed esperti». Questa piccola e costante crescita fa ben sperare per il futuro dei domenicani in Italia.

«Credo di sì – commenta il padre priore – quando ero maestro dei novizi dicevo a molti giovani che erano in formazione e spesso increduli “venite e vedete”. E così è stato. Inoltre si può citare un fatto particolare, la visita, il 1° ottobre 2017, di papa Francesco alla tomba del nostro fondatore san Domenico a Bologna. Lì il Pontefice sostò in preghiera per alcuni minuti. E di suo pugno scrisse nella sua lingua madre, lo spagnolo, questo pensiero: “Ho pregato per l’Ordine dei predicatori. Ringrazio il Signore per tutto il bene che i suoi figli fanno alla Chiesa e ho chiesto come regalo un notevole aumento delle vocazioni”. Anche in questo forse siamo stati esauditi dal Signore».