Chiesa

IL PUNTO. Dom Mosconi: «Si deve recuperare il legame con la Parola»

Giacomo Gambassi mercoledì 30 maggio 2012
Stamani incontrerà i seminaristi di Vicenza e i sacerdoti di Mantova. «A loro parlerò di come servire il Signore nel tempo della prova», anticipa il monaco camaldolese dom Franco Mosconi, appassionato e profondo studioso di Sacra Scrittura che è anche priore dell’eremo San Giorgio a Bardolino, in provincia di Verona. Un tema che sembra quasi racchiudere l’amarezza di queste ore di fronte alle fughe di notizie emerse intorno a Benedetto XVI.«La Scrittura anticipa gli scandali che turbano la Chiesa e li denuncia a chiare lettere», afferma dom Mosconi. Nella Lettera agli Efesini si parla di battaglia «contro gli spiriti che abitano anche le regioni celesti». Nelle epistole ai Corinzi, Paolo fa riferimento a divisioni, incoerenze, infedeltà ed egoismi. «Sono atteggiamenti che dipendono anche dalla concezione che si ha di Dio», sottolinea il camaldolese.Ecco perché dom Mosconi prenderà spunto per la sua riflessione di oggi dal racconto della lavanda dei piedi. «È un testo fondamentale e forse trascurato nelle sue implicazioni all’interno della comunità ecclesiale – spiega –. Attraverso Cristo che si china sui discepoli il Padre si rivela come colui che serve. Accettare un Dio che si fa servo significa modificare ogni nostro comportamento e ogni nostra relazione. Non è un caso che il Signore dica a Pietro: "Se non ti laverò, non avrai parte con me". Ciò significa che se Pietro avesse continuato ad avere una visione di Dio-imperatore, avrebbe proseguito a trattare l’altro da padrone e avrebbe impostato la sua vita sulla forza, sul potere, sulla rivalsa».Nelle meditazioni per la Via Crucis del 2005 al Colosseo l’allora cardinale Joseph Ratzinger aveva paragonato la Chiesa a «una barca che sta per affondare». «Un’immagine forte che, però, talvolta manifesta la sua attualità – dichiara il camaldolese –. E, se dovessi indicare una via spirituale per ritrovare la rotta, direi che occorre tornare a seminare Cristo. E, per farlo, serve recuperare in modo radicale il legame con la Parola».Dom Mosconi lo aveva detto anche nel 2006 durante il Convegno ecclesiale nazionale di Verona. E adesso aggiunge: «Nella Verbum Domini Benedetto XVI ci ricorda come l’accoglienza della Parola non conduca fuori della storia. Tutto ciò implica anche una scelta di povertà sotto ogni punto di vista e un invito a non piegare la Parola a logiche compromissorie. Inoltre il Vangelo raccomanda più volte alla "parresia", ossia al parlare chiaro. Perciò la Chiesa è chiamata a separare il grano dalla zizzania che insidia anche il suo campo».Le vicende che oggi «addolorano» il Papa era state quasi anticipate da Benedetto XVI quando nella Messa di inizio pontificato aveva detto che «pascere vuol dire amare e amare vuol dire anche essere pronti a soffrire». Poi aveva esortato: «Pregate per me perché non fugga per paura». «La preghiera – chiarisce il camaldolese – è l’autentica strada per essergli vicino. La sua sofferenza è quella della prova che deve trasformarsi in coraggio di chiarezza e trasparenza, come Benedetto XVI ha più volte dimostrato di fare di fronte ad altri gravi fatti che negli anni scorsi hanno scosso la comunità cristiana».Ed è anche un’«esortazione alla verità», sempre secondo le parole del Papa che nel 2010, durante gli auguri di Natale alla Curia romana, aveva accennato alla visione di sant’Ildegarda di Bingen di una Chiesa con il volto coperto di polvere. «La solennità della Pentecoste che abbiamo appena celebrato – conclude dom Mosconi – ci rammenta che la Chiesa viene continuamente rinnovata dallo Spirito e va riformata. Con la certezza, comunque, che le potenze degli inferi non prevarranno e il male è già stato vinto da Cristo risorto».