Chiesa

Documentario. Don Barbareschi, il sacerdote che divenne “ribelle per amore”

Paolo Lambruschi venerdì 27 gennaio 2023

Don Giovanni Barbareschi

Tenere viva la memoria di una generazione di giovani milanesi ribelli per sempre che scelsero di lottare per la libertà, nella Giornata della Memoria e tutti i giorni dell'anno. E allo stesso tempo mandare un appello ai giovani di oggi a non dare per scontato nulla, perché bisogna lottare ogni giorno per conquistare la libertà. Come ha fatto don Giovanni Barbareschi la cui scelta antifascista è raccontata in Storie di ribelli per amore, un bel documentario della Fondazione Ambrosianeum che in 45 minuti commoventi e intensi omaggia il corggioso sacerdote partigiano, nato nel 1922 e morto nel 2018, uno dei protagonisti della Resistenza milanese.

In video scorrono le voci di diversi testimoni - alcuni nel frattempo defunti - che lo conobbero o che si impegnarono contro i nazifascisti nella metropoli occupata dopo il 25 luglio 1943. Tra questi - a sottolineare l’importanza storica del lavoro patrocinato dai Comuni di Milano e Lecco - Tina Anselmi, Carlo Orlandini, Pia Majno Ucelli di Nemi, don Giorgio Colombo, e Giorgio Bagliani, che ricorda l’importanza della famiglia Falck nel finanziamento della Resistenza.

Il docufilm, nato da un’idea di Marco Garzonio e diretto da Simone Pizzi su soggetto di Giacomo Perego, si dipana lungo diversi capitoli della vita da resistente di don Barbareschi. Ebbe ad esempio un rapporto profondo e dialettico con l’allora arcivescovo di Milano. Ancora diacono, comunicò al cardinale Schuster la sua scelta di schierarsi contro i fascisti. L’arcivescovo gli rispose di seguire la sua coscienza.

Sempre da diacono fu mandato a benedire le salme dei 15 partigiani fucilati dai repubblichini in piazzale Loreto su ordine dei nazisti. Il sacerdote ribadisce nel filmato che fu lui a chiedere all’arcivescovo di andare a benedire i morti lasciati in strada nel caldo di Ferragosto, ma Schuster replicò che prima doveva chiedere consiglio ai monsignori del Duomo. «Ma quando si chiede consiglio - commenta don Giovanni - è segno che non si vuole decidere, infatti mandò me».

Barbareschi si unì agli scout (il gruppo delle Aquile randagie ) che iniziarono a portare in Svizzera decine di oppositori al regime fantoccio di Salò e ai tedeschi e intere famiglie di ebrei. La via, come mostrano le immagini girate con un drone, passava dal rifugio Capanna Bertacchi al lago Emet, in alta Valle Spluga. Scelta molto pericolosa e coraggiosa, pagata dal sacerdote, grande amico di don Gnocchi, con il carcere a San Vittore il giorno della celebrazione della prima Messa.

Poi fu torturato e quando uscì Schuster volle incontrarlo inginocchiandosi dinanzi a lui, l’omaggio dovuto ai primi martiri cristiani. Barbareschi alla fine della guerra portò in montagna, a Campodolcino, il colonnello delle Ss Eugene Dollmann, cattolico e spia al servizio degli americani, aiutandolo a salvarsi. Fu sempre fedele all’attualissima frase pubblicata sul “Ribelle”: «Non esistono uomini liberi, ma uomini che si sono liberati», concetto rivolto ai giovani d’oggi cui il documentario è destinato.

Disponibile presso l’Ambrosianeum (www.ambrosianeum.org) per parrocchie ed enti che volessero proiettarlo, è un’operazione di memoria efficace e importante di un tempo che rischiamo di dimenticare.