Chiesa

SGUARDI DI SPERANZA. Dalle ferite della morte il germe della rinascita

Giorgio Paolucci lunedì 1 aprile 2013
La ferita è ancora aperta, e continua a sanguinare. Non può rimarginarsi la ferita provocata dalla morte di un figlio di 11 anni travolto da un camion su una pista ciclabile, mentre pedalava allegramente sulla bicicletta che il padre gli aveva regalato due giorni prima. Ma quel dolore ha generato frutti inattesi, e ancora continua a produrne. Come il sacrificio di Cristo sulla croce. «Non è finita lì. È la cosa che continua a sorprenderci: la morte non è l’ultima parola sulla vita di Andrea. Non siamo particolarmente forti o bravi, mia moglie ed io, ma di fronte a quanto è accaduto dopo quel 23 giugno 2009 dobbiamo riconoscere che quel giorno ha segnato l’inizio di qualcosa di nuovo, capace di ridare speranza alla vita nostra e di tante persone». Felice Achilli, classe 1958, amante della pipa, è sposato con Daniela, dalla quale ha avuto quattro figli, Andrea era l’ultimo. Responsabile della Cardiologia all’ospedale San Gerardo di Monza, ha fondato e presieduto per dieci anni Medicina e Persona, un’associazione di professionisti che operano nel mondo della sanità. In questi giorni ha pubblicato un libro ("Le infradito blu", Itaca edizioni) che raccoglie gli incontri fatti dopo la morte del figlio, nei quali legge una Presenza tanto misteriosa quanto evidente. «È stato sorprendente vedere quante persone si sono strette a noi testimoniandoci che Dio non ci lasciava soli col nostro dolore, e quanti hanno incontrato o riscoperto la fede. Abbiamo toccato con mano cosa significa che la Chiesa è una compagnia di persone che vive e testimonia l’abbraccio misericordioso del Padre. Persone, volti, incontri che ripropongono la verità della Resurrezione di Gesù. Questi giorni sono per noi il tempo della ferita e della carezza di Cristo, come ha detto Papa Francesco ai ragazzi del carcere di Casal del Marmo quando è andato a trovarli il Giovedì santo. Vogliamo lasciarci accarezzare da Cristo in questa ferita». Dopo la morte di Andrea, anziché chiudersi nel dolore, la famiglia Achilli è diventata una dimora aperta, molti la cercavano per confidare i propri problemi o per condividere gioie e fatiche. Un anno dopo è maturata la proposta di andare nei luoghi dove è accaduto l’avvenimento che costituisce la sostanza della loro speranza. Aderiscono 150 persone, molto diverse tra loro, misteriosamente messe insieme dalla fede che avevano respirato in quella casa. E il pellegrinaggio in Terra Santa, guidato dall’amico sacerdote don Francesco Ventorino, rilancia la domanda che i genitori si portano nel cuore: rivedremo Andrea? «Questa domanda è divenuta fattore di speranza per molti, e ha focalizzato la questione sulla "verità" di Cristo, sulla sua morte e risurrezione. Abbiamo toccato con mano che l’esperienza della comunità cristiana fa percepire una risposta positiva alla domanda di ogni uomo che la vita non finisca nel nulla». Ci sono fili misteriosi con cui Dio fa intrecciare le vite degli uomini. È accaduto a Carlo, un imprenditore brianzolo che, dopo avere letto sul giornale la notizia dell’incidente che aveva travolto Andrea, rimane folgorato dalla sua foto. «Da quel momento i miei occhi si sono incollati ai suoi. Ho provato un’emozione fortissima, e poi tanta rabbia verso quel Dio che doveva esserci e invece non c’era stato, a evitare la tragedia». Capita che Carlo incontri Felice Achilli, che diventino amici e che rimanga stupito da come, invece di maledire il mondo, avesse la forza di parlare di Cristo alle persone. Quel Cristo in cui pure Carlo credeva, ma che sentiva lontano. Poi, nel tempo, quella testimonianza lo aiuta a riscoprire la fede, fino a raggiungere la convinzione che «Gesù si è rivelato a me nella sua pienezza attraverso il mio incontro con Andrea per indicarmi la via da seguire». Felice Achilli si rigira la pipa tra le mani, lo sguardo si perde lontano. I frutti che la morte di Andrea ha portato sono un segno eloquente della verità della frase che un amico gli disse poche ore dopo l’incidente: «Sembra la fine di tutto, e invece è l’inizio di una vita nuova per lui e per voi».