Chiesa

L'ex ministro all'ambiente. Ronchi: «Da Bergoglio parole rilevanti per quanto deciso a Parigi»

Luciano Moia venerdì 2 settembre 2016
«Un salto di qualità molto forte nel collegamento tra offesa all’ambiente e scelte morali. Il Papa l’aveva già detto della sua enciclica ambientale. Qui rafforza il concetto in modo ancora più chiaro. Chi non rispetta l’ambiente compie una grave violazione della morale personale e dell’etica pubblica». Il giudizio di Edo Ronchi, ex ministro dell’ambiente, presidente della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, docente alla Facoltà di architettura di Roma, non lascia spazio ai dubbi. Il messaggio del Papa è efficace, forte, convincente. Qual è l’aspetto più penetrante? Ci si aspettava che dopo la Laudato si’ ci fosse questa continuità sui temi ambientali e che l’impegno del Papa assumesse un carattere più globale, quindi più ecumenico secondo la logica della Chiesa. Ma Francesco ha avuto anche il merito di collegare questi problemi all’anno del Giubileo. Non era così scontato poi che il Papa trasformasse il rispetto del creato in un’opera di misericordia. Per l’uomo di fede, l’offesa all’ambiente è un peccato contro Dio che richiede pentimento e confessione. Per il laico rimane una ferita morale molto grave. E questo viene detto con una chiarezza esemplare. Il Papa ci dice che la protezione della casa comune richiede «un crescente consenso politico ». E cita gli Obiettivi per lo sviluppo sostenibile e gli Accordi di Parigi sul clima. Quanto pesano questi grandi summit internazionali per realizzare quel cambiamento culturale che Francesco auspica? Il Papa parte dall’impegno personale ma poi richiamo il livello economico e politico. Credo che gli Accordi Parigi possano davvero rappresentare una svolta. Ora quegli impegni vanno attuati. La politica deve fare la sua parte e l’economia deve accontentarsi di un guadagno meno immediato. Tutto giusto. Quale sarà l’accoglienza per queste parole del Papa? Francesco non parla solo al mondo cristiano, ma a tutti gli uomini di buona volontà. La consapevolezza della crisi ecologica che si sta fortemente aggravando e costituisce una minaccia alla casa comune, è ormai condivisa da tutti. Non è un problema confessionale. È un allarme globale. E il Papa è molto ascoltato. Mi risulta che la sua posizione abbia avuto un’incidenza rilevante sugli Accordi di Parigi. E all’impegno dell’Italia per la difesa dell’ambiente che voto darebbe? Siamo andati bene dal 2005 al 2013. Poi abbiamo cominciato ad avere delle flessioni. Nel 2015 le emissioni di gas serra sono aumentate, innanzi tutto perché abbiamo ridotto l’impegno nelle rinnovabili. Gli incentivi si sono fermati e sono stati quasi aboliti del tutto. Certo, abbiamo avuto estati molto calde. E poi la ripresa economica e il calo del prezzo del petrolio ci hanno indotto ad allentare la tensione. Ma non va bene. Sviluppo sostenibile e sviluppo economico sono traguardi inconciliabili? La qualità della vita e il benessere personale inteso come scelte di sobrietà e distribuzione più equa delle ricchezze non è assolutamente inconciliabile con il rispetto dell’ambiente. Il modello consumista, che tanta parte del mondo occidentale ha fin qui perseguito, va naturalmente dimenticato. È d’accordo sul fatto che il Nord del mondo, come scrive il Papa, ha contratto un «debito ecologico» nei confronti del Sud del mondo che ora dev’essere risanato? È proprio così. Le conseguenze peggiori delle offese ambientali perpetrate dai Paesi ricchi si stanno scaricando sui Paesi più poveri che non hanno alcuna colpa per quelle scelte. È necessario un cambio di rotta.