Chiesa

ASSEMBLEA GENERALE CEI. Crociata: «In politica criteri chiari, nessuna partigianeria»

Mimmo Muolo martedì 24 maggio 2011
In politica la Chiesa respinge «ogni partigianeria», ma vuole «accompagnare tutti nella ricerca del bene comune». In economia «condivide la preoccupazione per il momento che vive il Paese, soprattutto dal punto di vista sociale, con particolare riguardo alle famiglie, al lavoro e alle emergenze che a queste due realtà si collegano». E quanto alla piaga della pedofilia, «l’impegno dei vescovi italiani è quello di «sostenere le vittime e mettere i colpevoli in condizioni di non nuocere». Monsignor Mariano Crociata risponde così alle domande della conferenza stampa che fa il punto sulla seconda giornata di lavori dell’Assemblea generale della Cei. Il segretario generale si presenta davanti all’affollata platea dei giornalisti e per prima cosa dà conto del dibattito seguito alla prolusione con cui lunedì pomeriggio il cardinale presidente, Angelo Bagnasco, aveva aperto l’assise. «Preoccupazione», dunque, per la situazione italiana, ma con la precisazione che questo sguardo «non contrasta con un senso di fiducia nella nostra gente, nella capacità che le nostre comunità sul territorio hanno di reagire».Politica e ballottaggi. Si passa quindi al fuoco di fila delle domande. Ed è naturalmente l’attualità politica a farla da padrone. Per quali candidati votare nei ballottaggi? La risposta del vescovo è articolata. Innanzitutto, ricorda, «ai cattolici che svolgono un servizio nella vita pubblica o politica è chiesto di essere coerenti con la loro fede, ma senza coinvolgere la comunità cristiana come tale, perché la comunità non sceglie una parte, ma assume il bene di tutti».Dal punto di vista dell’elettore, «la scelta dei candidati deve tener conto del quadro delle caratteristiche e delle esigenze che permettono a chi assume responsabilità in ambito pubblico di essere capace di rappresentare non gli interessi di una parte, ma la visione dell’uomo che esprime la fede cristiana: non come espressione di parte, ma come espressione del bene comune a vantaggio di tutti». Anche perché «il bene comune va al di là dei singoli schieramenti» ed è compito della comunità cristiana «accompagnare questa ricerca senza farsi partigiana». In sostanza, ha spiegato monsignor Crociata, «credo che a proposito del voto non ci si possa sostituire alla coscienza di nessuno. Dobbiamo ricordare quali sono i criteri a cui i pastori richiamano tutti i fedeli. Sono loro, poi, a scegliere – liberamente rispetto alla loro coscienza – il candidato che risponda alla visione cristiana della vita e della realtà».Referendum. Anche in occasione dei prossimi referendum, non spetta alla Chiesa in quanto tale entrare nel merito. Ma indicare criteri, sì. In particolare, ha sottolineato il segretario generale della Cei, «tutte le forme di espressione della volontà popolare sono da apprezzare, stimare e incoraggiare». Inoltre su «questioni come l’acqua e simili ci deve sempre essere grande vigilanza e responsabilità sociale. La cura di questo e di altri beni comuni è fondamentale, perché rimangano e siano salvaguardati e custoditi per il bene di tutti».Pedofilia. Diverse domande hanno riguardato quella che il cardinale Bagnasco, lunedì, aveva definito «un’infame emergenza non ancora superata». Il vescovo ha spiegato che le linee operative messe a punto dal gruppo di esperti della Cei contro la pedofilia (al lavoro da circa un anno) si basano su due criteri di fondo: «Che le vittime siano prontamente ascoltate e aiutate e che chi si è reso responsabile di abusi possa essere messo in condizioni di non nuocere ed eventualmente di affrontare un cammino di recupero». Rispondendo poi a una domanda sui dati italiani, il segretario generale della Cei ha ribadito la cifra già resa nota l’anno scorso: «Un centinaio di casi, nell’arco di una decina d’anni, più l’aggravio di quelli resi noti in questi mesi».Monsignor Crociata ha respinto al mittente, invitando «a non fare confusione», l’accusa di una presunta «contrapposizione» tra la linea scelta dalla Cei in materia di abusi e quella di altre Conferenze episcopali. «Ci sono state – ha precisato – Conferenze episcopali che hanno voluto, in circostanze specifiche, istituire organismi nazionali, ma non tutte l’hanno fatto perché, come ribadisce il documento della Congregazione, le Conferenze episcopali sono organismi pastorali, di coordinamento tra i vescovi, non organi istituzionali che rivestono una qualche autorità sui vescovi». L’impegno della Cei, dunque, «continua a svilupparsi sulla linea di quanto si è già iniziato a fare e non da ora», ribadendo che «la responsabilità è del vescovo diocesano, che agisce prontamente e in rapporto di comunicazione costante soprattutto con la Congregazione». La linea è quella di «accompagnare i vescovi a intervenire in maniera pronta in situazioni che possono manifestarsi, e purtroppo a volte si sono manifestate», cioè di far sì – ha ribadito Crociata – che «le vittime siano ascoltate, tutelate e sostenute in una situazione di così grave disagio», e di «fare in modo che l’autore degli abusi possa essere allontanato e perseguito».In margine a questo tema, e rispondendo a una precisa domanda, il presule ha espresso «stima e vicinanza a monsignor Claudio Maniago, vescovo ausiliare di Firenze, chiamato in causa da testimoni nelle indagini a carico di don Lelio Cantini, prete ridotto allo stato laicale dal Papa e condannato per abusi sessuali sui minori. «Non abbiamo notizie di particolari procedimenti» su monsignor Maniago, ha detto Crociata. «Se gli elementi dovessero venire fuori, li vedremo. Ma non ci sono motivi per farne un caso, visto che, peraltro, il procedimento relativo al sacerdote risulta chiuso in modo chiaro e preciso».Una moschea a Milano? Il segretario generale della Cei è stato interpellato anche sulla possibilità della costruzione di una moschea a Milano. Un fatto, ha risposto, che risponde «al diritto fondamentale della libertà religiosa, che include anche il poter disporre di luoghi di culto». Le moschee, però, ha fatto notare, sono anche luoghi di aggregazione sociale, che devono rispondere alle «esigenze di vita sociale e comunitaria nel rispetto della nostra Costituzione e delle leggi che in Italia regolano la convivenza».Infine, nella prima fase dei lavori dell’Assemblea, ha riferito monsignor Crociata, c’è stato anche qualche intervento sulla messa secondo il rito antico latino, teso ad «assicurarne la celebrazione a quanti la chiedono, ma senza turbare l’impegno ordinario nella vita della comunità secondo il Concilio Vaticano II».