Chiesa

Cristina: io Down, felice di essermi donata a Dio

Laura Badaracchi sabato 2 febbraio 2013
Domattina alle 10 porterà la sua testimonianza di persona con sindrome di Down durante la Messa alla Collegiata di San Secondo, ad Asti. E nel pomeriggio, alle 16, racconterà la sua esperienza al ristorante Tacabanda, in cui lavorano dipendenti disabili. Non si ferma l’impegno di Cristina Acquistapace, consacrata dell’Ordo Virginum dal 2006. Originaria di Regoledo, in provincia di Sondrio, classe 1972, vuole anzitutto ringraziare i suoi genitori: «Non mi hanno segregato in casa o inviato in un istituto ma, al contrario, mi hanno messo in contatto con la gente; in breve tempo mi sono fatta molti amici e quando avevo 16 anni mi sono anche innamorata, imparando cose importanti. Ho potuto andare a trovare mia zia, suora missionaria in Kenya. Un’esperienza che non vorrei cambiare con nessun riconoscimento, ma è impossibile trasmetterla solo attraverso le parole». Ed è durante uno di questi viaggi che ha deciso di consacrarsi a Dio. Nel 2000 la vocazione si alimenta ad Assisi e durante altri pellegrinaggi e ritiri spirituali, da Lourdes alla Terra Santa; dopo il volontariato in Croce Rossa e alla Caritas, ci sono gli incontri nelle scuole o in varie associazioni.La fede ha sempre rappresentato un punto fermo nella vita di Cristina, che racconta: «La sindrome di Down, anche se ha costituito talvolta per me un peso, nel mio modo di pensare non ha mai costituito una maledizione bensì una benedizione, una grazia. Forse è stata una prova per vedere se, nonostante tutto, io possa vivere una vita piena. L’intelligenza di una persona sta nell’accettare i propri limiti e nel mettere a frutto le capacità che si hanno».Perché fare promessa di castità nella chiesa del Sacro Cuore di Sondrio, alla presenza dell’allora vescovo di Como Alessandro Maggiolini, e mettersi a servizio della diocesi? «Anzitutto perché sento di essere stata chiamata e in secondo luogo perché c’è troppa povertà nel mondo: povertà spirituale, soprattutto, e la Chiesa ha bisogno di me, delle mie preghiere, del mio aiuto concreto e disinteressato», sottolinea convinta. E aggiunge: «Il giorno più bello della mia vita è stato il 25 marzo 2006 quando il vescovo mi ha consacrato, ma se non fossi nata il 10 agosto 1972 non avrei mai potuto vivere quel meraviglioso giorno in cui sono diventata a tutti gli effetti sposa di Cristo». In una recente testimonianza, ci ha tenuto a chiarire con forza: «Dio non ha creato la disabilità come cosa che potesse farci male, se mai ha voluto dare a qualcuno la possibilità di comprendere il vero senso e il vero valore della vita attraverso persone molto speciali a cui ha dato il compito di essere luce per il mondo».La quarantenne valtellinese continua a vivere con i suoi genitori; ha problemi alla vista, forti dolori alle gambe che talvolta la fanno optare per la sedia a ruote, ma dichiara: «Sono felice della mia vita e non ho nessun rimpianto. Ho sempre desiderato donare il mio cuore a Dio e agli altri: non me la sentivo di esser felice da sola. E non mi sono mai sentita diversa dagli altri, perché come tutti sogno, spero, desidero, provo dei sentimenti». Insieme alla madre Marilena Sutti gira tutta l’Italia per incontrare giovani, insegnanti, genitori e dire: «La vita è bella, non abbiate paura; superate i pregiudizi».