Chiesa

Cina. Ancora tensioni sulle nomine dei vescovi

Agostino Giovagnoli domenica 27 novembre 2022

La Santa Sede ha espresso sorpresa e rammarico per il riconoscimento da parte delle autorità cinesi di Giovanni Peng Weizhao – vescovo di Yujiang – quale ausiliare di Jiangxi, avvenuta a Nanchang il 24 novembre. La storia dolorosa dei cattolici in Cina è entrata in una stagione nuova. Ma le ferite del passato continuano a pesare e a produrre problemi e incomprensioni. Il riconoscimento di un vescovo clandestino è in sé un passaggio auspicabile.

Ordinato segretamente nel 2014, il vescovo Peng ha sofferto molto – è stato anche in prigione – proprio per il mancato riconoscimento da parte delle autorità cinesi. La Santa Sede ha sottolineato più volte l’anomalia di vescovi non riconosciuti e lo ha fatto con grande chiarezza in particolare Benedetto XVI nella Lettera ai cattolici cinesi del 2007. Ma il percorso verso il loro riconoscimento si è rivelato subito accidentato, a cominciare da opposte interpretazioni di quella Lettera, su cui solo nel tempo la Santa Sede ha potuto fare chiarezza. Uno dei problemi è costituito dalla questione apparentemente secondaria dei confini delle diocesi, presente anche in altri Paesi, ma che qui assume risvolti particolari. Com’è noto, anche oggi un gran numero di vescovi sono non residenziali ma titolari: la loro sede episcopale, cioè, non corrisponde più a una Chiesa locale. Viceversa, esistono grandi agglomerati urbani privi di vescovo perché non (ancora) riconosciuti come diocesi. In genere la Chiesa si comporta con prudenza e saggezza e cerca di far coincidere le diocesi con realtà urbane oggi vitali. In questo adattamento, tiene generalmente conto anche delle esigenze degli Stati che premono perché i confini delle diocesi coincidano con quelli delle unità amministrative (Comuni, Province, Regioni). In Cina tale problema è particolarmente acuto. Il suo sviluppo, infatti, è stato molto rapido e tumultuoso e la sua realtà – economica, sociale, urbanistica – è oggi profondamente diversa da quella del 1946.

La geografia delle diocesi, invece, fotografa ancora la realtà di allora: dopo la rivoluzione del 1949 infatti non è stato più possibile mettere mano al problema. Si tratta di questioni che non pongono insormontabili problemi di principio e possono essere risolte con il dialogo e la collaborazione. Che però in questo caso sono mancati. Peng è vescovo di Yujiang, ma è stato installato ufficialmente come ausiliare di Jangxi, una grande provincia cinese che per la Santa Sede non è una diocesi.

Non è una questione formale: a Yujiang c’è una comunità di cattolici che oggi si interroga su come questo riconoscimento cambi la sua collocazione. C’è il rischio insomma di alimentare divisioni e incomprensioni. Il comunicato della Santa Sede sottolinea il ruolo svolto dalle autorità locali non conforme al dialogo in corso con il governo di Pechino e all’Accordo sino-vaticano. E conclude auspicando che non si ripetano più simili episodi, riaffermando però la sua disponibilità a continuare un dialogo rispettoso. La Santa Sede, insomma, ha stigmatizzato con fermezza questo episodio, ribadendo però la ferma volontà di continuare sulla strada aperta dall’Accordo del 2018, rinnovato il mese scorso.