Chiesa

Il documento. I vescovi: «La 'ndrangheta non è cristiana»

Andrea Gualtieri venerdì 2 gennaio 2015
La 'ndrangheta “non ha nulla di cristiano”, è anzi una “offesa esplicita alla religione cristiana”. E chi è affiliato alla criminalità organizzata “non può essere assolto sacramentalmente nel rito della Confessione-Riconciliazione, né può accedere alla Comunione eucaristica” e né “tantomeno può rivestire uffici e compiti all’interno della comunità ecclesiale”, a meno che non dimostri “autentico pentimento” e “volontà di uscire da una situazione di peccato”. La Conferenza episcopale calabra marca il confine rispetto alla pervasività delle cosche nella società e nella religiosità e diffonde un documento redatto alla fine di un anno segnato dalla scomunica per i mafiosi pronunciata a Sibari da papa Francesco e dal caso dei presunti “inchini” delle statue davanti ai boss. La nota pastorale, che porta la data del 25 dicembre ma è stata diffusa oggi, ha come titolo “Testimoniare la verità del Vangelo” e richiama quanto espresso dai vescovi a luglio, quando, nel corso di una riunione straordinaria convocata proprio all'indomani del caso della contestata processione di Oppido Mamertina, in provincia di Reggio Calabria, i presuli sottolinearono che “la 'ndrangheta è negazione del Vangelo”. Attraverso la nota vengono ora ribaditi i principi di fondo che, secondo quanto è annunciato nel testo, troveranno applicazione concreta attraverso un direttorio sugli aspetti della celebrazione dei sacramenti e sulle feste popolari che verrà emanato a breve. “Quello che offriamo in questo documento come riflessione diventerà legge all’interno della comunità ecclesiale”, ha spiegato Salvatore Nunnari, arcivescovo di Cosenza-Bisignano e presidente della Conferenza episcopale calabra nel corso di una conferenza stampa che si è tenuta a Reggio Calabria. Il testo dei vescovi chiede “perdono” per le “irresponsabili connivenze di pochi, nonché silenzi omertosi” che si sono registrati in passato. Ma si ribadisce anche l'impegno della Chiesa, al fianco dello Stato, nella lotta alla criminalità. Una lotta che, si legge nel documento, “non è mai stata marginale, né d’emergenza, ma collegata in circolarità con le nostre più vicine regioni meridionali - la Campania, la Puglia, la Sicilia - e con gli occhi puntati sugli ambienti dove il potere politico esprime genuinamente se stesso e la sua forza”. I presuli chiariscono però che, sulla base del mandato ricevuto da Cristo, la missione ecclesiale “non sempre può coincidere con l’azione inquirente o punitiva, propria dello Stato”. In particolare, “in tutto ciò che riguarda il foro interno delle persone, cui la Chiesa si accosta come Madre, particolarmente nell’intimità del segreto confessionale che, mai, a costo perfino della vita, nessun ministro di Dio può tradire”. E in questo senso, viene indicata la disponibilità “a offrire il balsamo della Riconciliazione e dell’Unzione degli infermi a quanti desiderano convertirsi”, garantendo aiuto “in ogni modo nel cammino di conversione”. Tutto questo, però, a condizione che si prenda coscienza che la 'ndrangheta è “l’anti-religione”, e che essa agisce “contro la vita dell’uomo e contro la sua terra” e può essere quindi considerata “in tutta evidenza, opera del male e del maligno”. Serve il massimo impegno da parte della comunità ecclesiale, ammoniscono i vescovi, “perché sia estirpata dalla nostra terra questa distorsione peccaminosa; e perché le giovani generazioni siano vaccinate con la prevenzione”. A partire dalla famiglia, perché è lì, si legge nella nota, che “si generano nuove vite e si trasmettono i modelli educativi e formativi”.