Chiesa

GERMANIA. Forza e ricchezza contro gli abusi sessuali

Gianni Cardinale lunedì 26 settembre 2011

​È stato un Benedetto XVI «commosso e fortemente scosso» quello che venerdì sera a Erfurt ha voluto incontrare un gruppo di vittime di abusi sessuali commessi da sacerdoti o da impiegati ecclesiastici. Il Pontefice ha accolto due donne e tre uomini, provenienti da diverse parti della Germania, con i quali, riferisce L’Osservatore Romano, si è intrattenuto per circa mezz’ora nel Seminario locale, al ritorno dalla celebrazione mariana presieduta a Etzelsbach. I cinque erano accompagnati da Stephen Ackerman, vescovo di Treviri e responsabile per la Conferenza episcopale tedesca del trattamento degli abusi sessuali, e da alcune persone impegnate nel campo della prevenzione e della salvaguardia dei giovani, che prima di lasciare il Seminario di Erfurt sono state salutate dal Papa.

 Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, il padre gesuita Federico Lombardi, ha spiegato che l’incontro si è svolto in un clima «molto comunicativo, molto sereno». Mentre una nota vaticana ha sottolineato come il Pontefice abbia «espresso la sua profonda compassione e il suo profondo rammarico per tutto ciò che è stato commesso nei loro confronti e delle loro famiglie». Benedetto XVI, aggiunge la nota, ha anche «assicurato i presenti che a quanti hanno responsabilità nella Chiesa sta molto a cuore affrontare accuratamente tutti i crimini di abuso ed essi si impegnano a promuovere misure efficaci per la tutela di bambini e giovani».

Quello di venerdì sera in Germania è stato il quinto di analoghi incontri svoltisi durante i viaggi internazionali di papa Ratzinger, dopo i precedenti negli Stati Uniti il 17 aprile 2008, in Australia il 21 luglio 2008 (in quella occasione celebrò anche una Messa alla presenza delle vittime), a Malta il 18 aprile 2010 e nel Regno Unito il 18 settembre 2010. Il 29 aprile 2009 poi, al termine dell’udienza generale del mercoledì, il Papa incontrò anche le vittime delle «scuole residenziali» cattoliche per gli aborigeni del Canada. Anche questa volta, come nelle precedenti, nota sempre L’Osservatore Romano, «l’incontro è avvenuto lontano dai riflettori, nello stile di riservatezza voluto da papa Ratzinger in queste circostanze».

L’attenzione del Pontefice per lo scandalo degli abusi, si era manifestata anche nel volo verso Berlino, all’inizio del viaggio. Rispondendo ai cronisti da una parte aveva detto di poter «capire» chi, di fronte a questi scandali dice: «Questa non è più la mia Chiesa. La Chiesa era per me forza di umanizzazione e di moralizzazione. Se rappresentanti della Chiesa fanno il contrario, non posso più vivere con questa Chiesa». D’altra parte però invitava a «rinnovare la consapevolezza della specificità di questo essere Chiesa, del popolo da tutti i popoli, che è Popolo di Dio, e così imparare, sopportare anche scandali, e lavorare contro questi scandali proprio essendo all’interno, in questa grande rete del Signore» che è la Chiesa. Un accorato appello quindi a non abbandonare il corpo ecclesiale, ma a sopportare e contrastare il fenomeno degli abusi dall’interno di esso. E si potrebbe dire che un esempio in questo senso è stato fornito negli ultimi decenni dallo stesso Pontefice. Sia quando, da prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, ha personalmente promosso una linea di intransigenza, riuscendo ad ottenere, con il decisivo consenso del beato Giovanni Paolo II, l’emanazione di norme speciali per perseguire più efficacemente e punire canonicamente i cosiddetti «delicta graviora». Norme che di fatto derogavano a quelle procedure più «garantiste» nei confronti degli accusati che pure erano state acquisite, non senza fatica, nel diritto interno della Chiesa. Da papa poi Benedetto XVI ha continuato su questa linea dapprima confermando queste deroghe (le famose «facoltà speciali») e poi trasformandole in, per così dire, «norme ordinarie».