Chiesa

Carpi. . Cavina e Suetta domani in visita nel Kurdistan

MARIA SILVIA CABRI giovedì 31 marzo 2016
CARPI Il vescovo di Carpi Francesco Cavina, da domani al 4 aprile, sarà ad Erbil nel Kurdistan iracheno, per fare visita ad alcuni campi profughi, specie quelli dei cristiani fuggiti dalla Piana di Ninive per l’avanzare del Daesh. Nel viaggio sarà accompagnato da Alessandro Monteduro, direttore della sezione italiana della Fondazione pontificia “Aiuto alla Chiesa che soffre” (Acs), dal vescovo di Ventimiglia-San Remo, Antonio Suetta, e da don Massimo Fabbri in rappresentanza dell’arcidiocesi di Bologna. Nei mesi scorsi a nome dell’interra Chiesa italiana nella zona si era recato il segretario generale della Cei, il vescovo Nunzio Galantino, accompagnato dal direttore della Cari- tas italiana don Francesco Soddu. Sono fondamentalmente due le ragioni che hanno portato il vescovo Cavina alla decisione del viaggio: «Sento di dover dare un segno di vicinanza concreta a queste popolazioni. Non bastano solo le belle parole. In secondo luogo mi ha scosso profondamente la frase di un vescovo iracheno: “Non lasciateci soli”». Sul luogo la delegazione incontrerà monsignor Bashar Matti Warda, arcivescovo caldeo di Erbil, con il quale visiterà i centri profughi, nel sobborgo a maggioranza cristiana di Ankawa. Tra questi anche il Villaggio Padre Werenfried, che prende il nome dal fondatore di «Aiuto alla Chiesa che soffre», padre Werenfried van Straaten: un insediamento di 150 case prefabbricate donate dall’associazione in cui vivono 175 famiglie cristiane. La visita proseguirà nelle otto scuole prefabbricate donate da Acs, e nell’università cattolica di Erbil. Nei giorni seguenti la delegazione incontrerà anche monsignor Petros Mouche, vescovo siro-cattolico di Mosul, costretto a vivere ad Erbil assieme ai suoi fedeli dopo che la città è stata conquistata dal Daesh. «In molte società dire semplicemente 'io sono cristiano' è un pericolo per la vita – prosegue il vescovo –. Il Papa ha invitato tutti i cristiani ad alzare la propria voce per chiedere la fine del genocidio, che può iniziare solo con la fine del silenzio. La mia visita nei campi vuole essere un inizio di aiuto e un atto di solidarietà con quanti stanno soffrendo per la fede cristiana». Papa Francesco, informato di questo viaggio, ha contattato il vescovo Cavina e che ha poi incontrato a Roma. «È la seconda telefonata che ricevo dal Pontefice –dice Cavina –. Si è compiaciuto per questa iniziativa che, secondo le sue parole, “esprime amicizia, comunione ecclesiale e vicinanza ai tanti fratelli e sorelle cui viene negato il diritto inalienabile di professare liberamente la propria fede” ». Nella lettera inviata al vescovo, il Papa sottolinea come questo gesto «non sia solo un atto doveroso di carità, ma di soccorso al proprio stesso corpo, perché tutti i cristiani, in virtù del medesimo battesimo, sono 'uno' in Cristo». Quale segno di prossimità ai perseguitati, papa Francesco ha affidato al vescovo un contributo di 100mila euro, unitamente ad alcuni oggetti liturgici per la celebrazione della Messa. © RIPRODUZIONE RISERVATA