Chiesa

ASSIEMA A PIETRO. «Carità del Papa» domani la Giornata

Giacomo Gambassi sabato 26 giugno 2010
Comunione e generosità sono le parole chiave della Giornata per la carità del Papa che sarà celebrata domani nelle diocesi italiane. Ad unire le due dimensioni un versetto del nono capitolo della seconda Lettera ai Corinzi in cui san Paolo invita alla condivisione dei beni e a donare «secondo quanto ha deciso il cuore» di ciascuno. Proprio come sono chiamati a fare i fedeli della Penisola che doneranno le proprie offerte per l’Obolo di san Pietro, raccolto in tutto il mondo nel giorno della solennità dei santi Pietro e Paolo (il 29 giugno) o nella domenica più vicina.Ed ecco il filo conduttore – tratto dall’epistola paolina – della Giornata promossa dalla Conferenza episcopale italiana: «Ringrazieranno Dio per la generosità della vostra comunione con loro». Comunione che nell’appuntamento di domani si traduce nella partecipazione della Chiesa italiana alle «iniziative di bene» di Benedetto XVI. Lo sottolinea monsignor Tullio Poli, direttore dell’Ufficio Obolo di san Pietro, operativo presso la segreteria di Stato vaticana, che definisce la raccolta «un termometro della sensibilità dei cattolici alla funzione che il Papa svolge nella Chiesa e una sorta di cartina di tornasole dell’atteggiamento filiale nei confronti del successore di Pietro».«La Chiesa non può mai essere dispensata dall’esercizio della carità come attività organizzata dei credenti», ha scritto papa Ratzinger nell’enciclica Deus caritas est per spiegare il valore ecclesiale dell’offerta. «L’Obolo – aggiunge monsignor Poli – ha come caratteristica quella di essere destinato non a un’opera specifica, ma alle molteplici attività intraprese dal Papa nella sua sollecitudine alle necessità della Chiesa e del mondo. Certamente il gesto che viene compiuto non rappresenta soltanto un aiuto materiale, ma è un’estensione del dono di sé a Dio. Da qui il suo profondo senso spirituale».Nel 2008 1’Obolo raccolto in tutto il mondo è stato di oltre 75 milioni di dollari. I maggiori contributi sono arrivati dall’Italia, dagli Stati Uniti e dalla Germania. Significative, in rapporto al numero dei cattolici, le somme da Corea e Giappone. Una volta stilato il bilancio, tocca al Papa, come a un «buon padre di famiglia», ridistribuire quanto giunto secondo i bisogni e le urgenze. Lo «stile» è quello delle prime raccolte di cui parla l’Apostolo delle Genti nelle sue lettere che permettono di superare le sperequazioni economiche e sperimentare i vantaggi della solidarietà fraterna.Nell’ultimo anno i proventi sono stati devoluti secondo precise indicazioni, spiega monsignor Poli. In gran parte sono andati alle popolazioni di Haiti e del Cile colpite dal terremoto. Poi, tra le opere per le quali continua il sostegno della Santa Sede, ci sono il «Villaggio-città dei ragazzi Nazareth» in Ruanda che accoglie gli orfani abbandonati, per lo più figli di vittime del genocidio e della guerra civile, e il villaggio per gli orfani dell’Aids di Nuyambani, in Kenya, fondato dal gesuita e medico italo-americano Angelo D’Agostino, che dal 1999 offre assistenza medica, formazione e lavoro ai piccoli ospiti.Parte dei contributi è stata indirizzata anche all’ospedale «San Vincenzo de’ Paoli» a Sarajevo, voluto per offrire una struttura sanitaria cattolica nella multietnica capitale della Bosnia-Erzegovina, e – per citare una realtà realizzata dopo il Giubileo del 2000 – alla Casa di accoglienza «Giovanni Paolo II» dell’Opera don Orione a Roma, ristrutturata per assistere e ospitare i pellegrini disabili che giungono a Roma. «Con l’Obolo – precisa monsignor Poli – vengono anche sostenuti seminari teologici e istituti di formazione in numerosi Paesi in via di sviluppo. E un aiuto importante è andato alla Chiesa povera d’Amazzonia».