Chiesa

Il cardinale Parolin sul viaggio. «Il Papa in Terra Santa nel segno dell'incontro»

giovedì 22 maggio 2014
«Sarà un momento di gioia e di conforto per tutti i cristiani che vivono in Terra Santa». È il pensiero del segretario di Stato vaticano cardinale Pietro Parolin sul viaggio del Papa in Terra Santa, che inizia sabato e che sino a lunedì porterà Francesco ad Amman, Betlemme e Gerusalemme attraverso numerose tappe di grande significato. «Il Papa – aggiunge Parolin, intervistato dal Centro televisivo vaticano – credo voglia sottolineare, nell'incontro diretto con loro, due cose: che questi cristiani sono pietre vive e che senza la loro presenza la Terra Santa e gli stessi Luoghi Santi rischiano di trasformarsi in musei, come diciamo spesso. Invece, la loro presenza assicura che lì ci sia una comunità cristiana viva e una presenza viva del Signore risorto. E, nello stesso tempo, oltre a questa dimensione più ecclesiale, anche il ruolo che i cristiani del Medio Oriente e della Terra Santa hanno nelle società in cui vivono, nei Paesi in cui vivono: un ruolo fondamentale. Vogliono mettersi sinceramente a disposizione dei loro concittadini per costruire insieme una patria libera, giusta e democratica». Il cardinale Parolin sottolinea «il diritto di Israele di esistere e di godere di pace e di sicurezza all'interno di confini internazionalmente riconosciuti» insieme al «diritto del popolo palestinese di avere una patria, sovrana e indipendente», al diritto di spostarsi liberamente» e «di vivere in dignità». La Santa Sede poi caldeggia «il riconoscimento del carattere sacro e universale della città di Gerusalemme, della sua eredità culturale e religiosa: quindi, come luogo di pellegrinaggio dei fedeli delle tre religioni monoteiste». Sono questi, afferma il cardinale, «i punti sui quali il Papa insisterà anche questa volta, in linea con tutta la "politica" della Santa Sede per quanto riguarda il conflitto israelo-palestinese». Ma c’è anche un importante aspetto ecumenico al cuore del viaggio papale: «L'ecumenismo – dice Parolin –è stata una delle acquisizioni del Concilio Vaticano II, naturalmente al termine di un lungo cammino percorso anche dalla Chiesa cattolica, in questo senso. Ma che l'incontro tra Paolo VI e Atenagora abbia dato un impulso fondamentale, determinante, a questo cammino ecumenico, ci dice che a volte i gesti servono di più delle parole, che sono più eloquenti delle parole. Io mi auguro che l'incontro tra Papa Francesco e il Patriarca Bartolomeo ravvivi un po' questa fiamma, questo entusiasmo per il cammino ecumenico che dovrebbe animare un po' tutte le iniziative che pur ci sono. Dovrebbe esserci quest'anima di entusiasmo e questa passione per l'unità che è stata l'ardente preghiera di Gesù nel Cenacolo, prima della sua Passione e Morte». Interpellato sui possibili frutti della visita in Terra Santa, infine il segretario di Stato vaticano ritiene che possano essere «nella direzione dell'incontro» tra «il Papa e le diverse realtà che vivono in quella terra, e tra queste diverse realtà, anche tra di loro». Dunque «un frutto di pace. Io spero davvero – conclude Parolin – che il frutto possa essere quello di aiutare tutti i responsabili e tutte le persone di buona volontà a prendere decisioni coraggiose sulla via della pace». Di «grande attesa» e di «iniezione di fiducia per i cristiani che vivono in Terra Santa» parla alla Radio Vaticana il nunzio in Israele monsignor Giuseppe Lazzarotto. «Tutti ammirano» la personalità di Papa Francesco, «anche qui in Terra Santa» e «c’è naturalmente grande attesa, ma c'è anche qua e là qualche voce discorde, non si deve però dare troppo importanza, sono casi isolati. C'è grande attesa, grande fiducia, e si guarda a questo viaggio di Papa Francesco con un desiderio grande che la sua presenza, la sua parola, i suoi gesti, portino un elemento di ottimismo, di speranza, di incoraggiamento, di cui tutti quanti abbiamo bisogno».