Chiesa

Cei. Il cardinale Bassetti: si difendono i più deboli rispettando le misure anti-Covid

Giacomo Gambassi venerdì 29 gennaio 2021

Il cardinale Gualtiero Bassetti durante i Primi Vespri della festa patronale di san Costanzo a Perugia

«Non possiamo permettere che si affermi una mentalità individualista». Il monito del cardinale Gualtiero Bassetti risuona nella Cattedrale di Perugia mentre parla della «notte della pandemia», come la definisce, durante la Messa di ieri pomeriggio per il patrono san Costanzo. L’individualismo che il presidente della Cei censura è anche quello legato a comportamenti irresponsabili che non tengono conto delle misure anti-Covid e che non guardano a chi è in ginocchio a causa della crisi economica dovuta al coronavirus. «È giusto rispettare ogni precauzione per contrastare la diffusione del virus», aveva invitato giovedì sera nel corso dei Primi Vespri per la solennità. E venerdì, nel giorno della festa, è ancora più esplicito. La crescita dei contagi «non può non suscitare inquietudine e anche molti interrogativi sul nostro stile di vita», osserva nell’omelia. E aggiunge: «Come arcivescovo mi sento di dover esortare tutti ad esercitare la virtù cardinale della prudenza». Una virtù «importantissima per la condotta morale di ogni cristiano che non significa, come alcuni pensano, che l’uomo prudente sia poco coraggioso o addirittura un vile. La prudenza, all’opposto, invita il cristiano a discernere, in ogni circostanza della vita, qual è il vero bene alla luce della sapienza di Dio. La prudenza esorta il cristiano a comportarsi in modo realistico senza farsi trascinare dalle passioni e a difendere sempre i più deboli». Al tempo stesso, afferma l’arcivescovo di Perugia-Città della Pieve, «occorre sostenere le nostre famiglie, le nostre aziende e le nostre comunità» piegate per i disagi sociali dell’emergenza sanitaria.


L’intera festa di san Costanzo, “padre” e martire della Chiesa locale, è segnata dagli effetti del virus. Niente luminarie; celebrazioni con 30 fedeli al massimo nella Basilica dedicata al patrono. Ma non è tanto questo che impensierisce Bassetti. C’è l’impennata dei casi che si sta registrando a Perugia e nel Trasimeno ma anche in altre aree dell’Italia. C’è il dolore della malattia e dei lutti collegati al Covid. C’è la rarefazione delle relazioni sociali. Ci sono le conseguenze economiche. E il presidente della Cei, che ha vissuto sulla sua pelle il coronavirus fino a costringerlo a dieci giorni di terapia intensiva lo scorso novembre, si fa interprete di una «così grave sofferenza», come il cardinale la chiama. «Stiamo attraversando un lungo periodo di smarrimento che sembra non avere termine – scrive in una lettera aperta in occasione della solennità –. Nessuno è in grado di dirci a che punto siamo della notte, anche se abbiamo salda la speranza che l’alba arriverà. Vedo famiglie sempre più preoccupate e inquiete: “Cosa darò da mangiare ai miei figli?”. Vedo ragazzi e giovani che si stanno caricando inconsapevolmente il peso sociale più gravoso di questa pandemia: questi giovani stanno rinunciando alla loro giovinezza, alla loro spensieratezza, al loro dinamismo». Nello stesso scritto confida anche che, quando era stato ricoverato in ospedale per il virus, «quasi avvertivo che, umanamente parlando, difficilmente avrei superato la prova...». Poi rivela: «Non vi nego che, per continuare la mia “partita” con voi, ho chiesto al Signore i tempi supplementari… Con le preghiere di tante persone e comunità, e non solo della nostra Chiesa, delle quali mi sento davvero debitore, il Signore ha accolto la mia supplica».


Nei Prima Vespri il presidente della Cei analizza i risvolti del Covid sulla comunità ecclesiale. «La pandemia – dice – ha reso più complicato essere vicino alla gente, portare una parola di amicizia e di perdono. La chiusura delle chiese, prima, e le norme di contenimento, poi, hanno visto i luoghi di pietà svuotarsi pian piano; un po’ per paura, un po’ per la difficoltà degli spostamenti. Nonostante ciò, la nostra vita di fede e di pietà non è venuta meno». E nell’Eucaristia di ieri definisce «un’esperienza dolorosa» quella di celebrare la Messa «davanti a una telecamera» fra marzo e maggio durante il lockdown. «Come pastore ho sentito moltissimo la mancanza del popolo di Dio», sottolinea.


Allora come affrontare una fase ancora complessa nella quale, ricorda Bassetti, «non possiamo dimenticare che siamo un unico popolo che vive, gioisce e soffre insieme»? Non cedendo ad azioni dissennate che mettano a rischio l’altro, lascia intendere il cardinale; non restando insensibili al grido di aiuto che si alza dai più bisognosi; facendo «sacrifici e rinunce»; ma soprattutto realizzando «gesti autentici di carità» e valorizzando «l’intimità della preghiera». Da qui il richiamo a «prendere in mano il Vangelo, a sostare come Maria di Betania ai piedi del Maestro, per ascoltare le sue parole, per meditarle nel cuore, o semplicemente guardarle con gli occhi della fede». Certi che, nonostante il buio dell’epidemia, «non bisogna mai perdere la speranza», sprona il presidente della Cei.