Chiesa

La storia. El Salvador scommette sui bambini nel nome di Romero

Lucia Capuzzi giovedì 21 maggio 2015
​“La vera educazione dovrebbe formare nel bambino, nella bambina, nel giovane uno spirito critico”. La frase, tratta dall’omelia di monsignor Óscar Romero del 22 gennaio 1978, è la prima cosa che il visitatore si trova di fronte, appena varcata la soglia. Non è una coincidenza. L’insegnamento dell’arcivescovo martire pervade le pareti arancioni dell’edificio di Nueva Concepción, nel nord di El Salvador. Eppure, quasi nessuno dei 25 volontari è nato prima del suo assassinio. Tutti, però, hanno ascoltato il suo pensiero, impresso in modo indelebile nella memoria di quel popolo umile al cui fianco il pastore si era schierato.

E, ora, le parole di Monseñor – come i salvadoregni chiamano Romero -, ispirano il loro impegno per costruire un Paese più giusto, a partire dai più piccoli. Il centro culturale per ragazzi Óscar Romero – attivo da sette anni grazie al sostegno dell’associazione Romero di Milano (www.sicsal.it) – offre un’alternativa alla strada e, soprattutto, alle gang o maras, ai bimbi e adolescenti dei quartieri più poveri e violenti. Nella grande stanza affacciata sul patio, i ragazzini imparano a dipingere, a danzare, a recitare, ad amare i libri. “Cerchiamo di aprire loro orizzonti - spiega il direttore, Eberto – e di mostrargli nella pratica esperienze di convivenza pacifica”. L’opposto di quel che vedono fuori: nella periferia sono le bande a dettare legge, con la forza delle pistole. “Qui, invece, crediamo che la collaborazione sia l’unica arma vincente – racconta Veronica, la vispa bibliotecaria dai lunghi capelli neri –. Il sapere trasmesso si moltiplica, non si perde. Solo nello scambio si cresce. Questo vale per i bimbi ma anche per noi educatori. Per questo, quando acquisiamo nuove competenze, cerchiamo di insegnarcele l’un l’altro”. L’effetto moltiplicatore è sorprendente. “Questi ragazzi sono incredibili – afferma Emma Nuri Pavoni, presidente dell’associazione Romero di Milano -. Non avremmo mai pensato che sarebbero riusciti a mettere in piedi tante attività”. Per il centro, ogni anno, passano centinaia di adolescenti. Qualcuno lascia. Altri restano. I volontari continuano a lavorare. Per gettare il seme di quello “spirito critico di cittadinanza” di cui parlava Romero.