Chiesa

La memoria liturgica. Beato Pino Puglisi, l'umiltà di un prete

Vincenzo Bertolone lunedì 21 ottobre 2019

Folla alla cerimonia di beatificazione di padre Pino Puglisi al Foro Italico di Palermo, il 25 maggio 2013. Don Puglisi fu ucciso da killer mafiosi il 15 settembre 1993 (Ansa)

«Pane soave, / Pane che in core la vita m’infondi, / … Chi vieta /scoprir gli altrui deliri? Chi vieta versar la parola/nei cuori infranti? Chi con la mente, col braccio / con l’assiduo lavoro, umile, paziente, sereno, / apparecchiar nell’ombra un avvenire più santo?». Sono versi di Giulio Salvadori. Egli guardando al prete e, un po’, a tutti i cristiani, invita a preparare un avvenire più santo, con un lavoro assiduo, paziente, sereno, sorridente, soprattutto umile. Mentre leggevo questi versi, mi è venuto in mente il sorriso umile e sereno di don Pino Puglisi. Celebrare oggi liturgicamente il giorno del suo Battesimo, non quello del suo tragico transito, significa non enfatizzare il giorno della corona di gloria destinata ai martiri, ma sottolineare il sacramento che lo inserì nella comunità dei Risorti e dei Martiri. Entrò per la prima volta nella schiera sterminata in bianche vesti, che rende lode all’Agnello della Pasqua eterna.

Ogni Battesimo ci rende dei testimoni della fede creduta, vissuta, tradotta in gesti. Non è l’inizio di un trionfo, non è il giorno della gloria di chi dev’essere esaltato perché chiamato ad una perfetta realizzazione del progetto di Dio. Piuttosto, è l’assunzione sempre più consapevole dei propri limiti a fronte di un grande progetto di Dio. Sì, il Battesimo è il sacramento dello Humilis Iesus. Ora, proprio al seguito del l’umilissimo Signore, questi umili, poveri, schiavi, ciechi, afflitti, sofferenti a causa dell’ingiustizia sociale, questi scartati, questi peccatori di ieri come di oggi, battuti dalla morte, sono i veri soggetti della nuova evangelizzazione, portatrice - basta crederci - di un nuovo umanesimo. Facciamo risuonare in noi la voce di Puglisi: «Nessuno di noi si può presentare come la perfetta realizzazione del progetto di Dio. Bisogna con umiltà accettare l’idea che il progetto su di noi ci sovrasta sempre ed è sempre avanti... Non siamo mai seduti, già arrivati al capolinea. Qualche volta il timore può venire proprio da questo, dalla non corrispondenza totale al progetto per la nostra inadeguatezza. Ma questo non deve spingerci al pessimismo, alla disperazione. Dobbiamo avere umiltà, coscienza di aver accolto l’invito. Presentare quanto abbiamo fatto e dire: “Signore, era questo il progetto. Io non ci sono riuscito in pieno, però ho tentato, ho fatto del mio meglio”». Queste parole rivolte da “3P” alle coppie sono non soltanto un programma di vita, ma la carta d’identità del battezzato, di ogni battezzato. Si è umili se si riesce a riconoscere un progetto divino che ci sovrasta e ci viene proposto come a dei servi inutili, forse incapaci di portarlo rigorosamente a compimento. Chi non è umile rischia il pessimismo, a volte la disperazione. Anche Francesco d’Assisi, ricordò un giorno don Pino, dà il via operativo alla minorità, cioè ad un’umiltà semplice, povera, senza desideri di essere il “massimo” o di finire gloriosamente alla ribalta: «Francesco rimarca questo aspetto del cristianesimo: la semplicità, l’umiltà, la povertà. Chiamò i suoi frati “minori”, che significa proprio “fratelli poveri”. Nella divisione di classi, nei comuni del Medioevo, c’erano infatti i maiores, che avevano il denaro, e i minores, che erano gli sfasulati». Il prete umile, l’umiltà del prete. Anche Albino Luciani, l’umile Papa del sorriso, disse un giorno: «Mi limito a raccomandare una virtù, tanto cara al Signore: ha detto: “Imparate da me che sono mite e umile di cuore”. Io rischio di dire uno sproposito, ma lo dico: il Signore tanto ama l’umiltà che, a volte, permette dei peccati gravi. Perché? Perché quelli che li hanno commessi, questi peccati, dopo pentiti, restino umili. Non vien voglia di credersi dei mezzi angeli, quando si sa di aver commesso delle mancanze gravi. Il Signore ha tanto raccomandato: siate umili. Anche se avete fatto delle grandi cose, dite: “Siamo servi inutili”. Invece la tendenza, in noi tutti, è piuttosto al contrario: mettersi in mostra. Bassi, bassi: è la virtù cristiana che riguarda noi stessi» (Albino Luciani, Udienza generale del 6.9.1978).

Che cosa direi a un ragazzo, a un giovane, a un prete che volesse emulare Puglisi nella realizzazione della santità cristiana? Forse, di meritare la prima pagina per le sue gesta? A tale domanda rispondo con un’altra battuta di don Puglisi fulminante ed efficace: «Dobbiamo avere umiltà, coscienza di avere accolto l’invito del Signore, camminare, poi presentare quanto è stato costruito e poter dire: sì, ho fatto del mio meglio».

SdP, postulatore