Chiesa

RIMINI. «Amici di Oreste, la Chiesa punta su di voi»

Pino Ciociola sabato 27 ottobre 2012
​Ogni età dell’uomo, ogni suo colore e sfumatura, ogni sua preziosa imperfezione dentro un palazzetto dello sport. Cinque anni dopo che il "don" se n’è andato dalle parti del Cielo, lo spettacolo e il messaggio più incredibile del convegno sono questa stessa gente, quasi duemila persone. Anziani e bambini, disabili, mamma e papà, ex-prostitute ed ex-galeotti, bianchi, neri e gialli. Insieme, tutti: una splendida, ordinata, confusione. «Mi sono emozionato entrando», dice il ministro Andrea Riccardi. E a guardarli negli occhi, facile sia successo anche a Carlo Casini e Stefano Zamagni, anche ad Adriano Roccucci e al vescovo di Rimini, Francesco Lambiasi. «Stiamo ascoltando battere il cuore di don Oreste», spiega Marco Tarquinio, direttore di Avvenire. «Morì senza un euro, povero, ma donò ai poveri la sua comunità», ricorda Paolo Ramonda, che gli è succeduto alla guida dell’"Associazione comunità Papa Giovanni XXIII". E più tardi, a sera, il cardinale Stanislaw Rylko (che presiede il Pontificio consiglio per i laici) aprirà la Messa con «la straordinaria figura di don Oreste Benzi, che continua ad affascinarci e stupirci». La comunità Papa Giovanni XXIII - dirà nell’omelia - «per certi versi costituisce nel mondo di oggi, dominato dall’egoismo e dalla sfrenata ricerca del piacere, una forte provocazione». E il cardinale Rylko andrà avanti senza fare sconti a nessuno: «Una provocazione salutare anche all’interno della Chiesa», nella quale «non mancano modelli diffusi di un cristianesimo "addolcito" e comodo». Perciò «La Chiesa conta su voi. Tutti noi abbiamo bisogno della vostra lettura radicale del Vangelo, quella che avete imparato da don Oreste, e anche della vostra forza provocatoria per risvegliarci da una vita cristiana troppo comoda».Sul parterre e fra i seggiolini, nel palazzetto, giocano bimbetti con le pelli diverse. O con diverse disabilità. Ridono. Insieme. Qui sono soltanto bimbetti. E anche il loro rumore non disturba nessuno, semmai lo rallegra. Ci sono tante, tante carrozzelle. Ci sono ragazze che portano le ferite del marciapiede sull’anima. C’è chi un pezzo della propria storia l’ha trascorso dietro le sbarre. I loro volti danno pace. Qui sono soltanto donne e uomini. Le interpreti che traducono nel linguaggio dei sordomuti quanto viene detto dai relatori sono sotto il palco, sulla destra, in bella vista.«Don Oreste Benzi testimone e profeta del nostro tempo», è il titolo di questa "tre giorni" di convegni. «Don Oreste vive in tutte le persone che da lui sono state contagiate in un "trapianto vitale" - si legge nella presentazione -. Per noi, per la Comunità Papa Giovanni XXIII, questo convegno è un momento fondamentale. Non vogliamo ricordare, ma rivivere con lo stesso slancio, la stessa passione, lo stesso entusiasmo la profezia di don Oreste. E lo vogliamo fare con il contributo di tutte quelle persone che da strade diverse e con carismi diversi si riconoscono in questa profezia». Lo ribadisce il vescovo Lambiasi: «Don Oreste oggi è un profeta per ogni uomo nella Chiesa e per la Chiesa», seduto insieme al vescovo di Macerata, Claudio Giuliodori.Riccardi e Tarquinio, Zamagni e Casini, Roccucci ed anche coloro che salgono a testimoniare: hanno, ognuno, il proprio ricordo di quel prete che notte e giorno girava senza sosta per riscattare ragazze e ragazzi. Che raccoglieva le pietre scartate (dagli uomini) e le spingeva a trasformarsi in testate d’angolo. Gli ospiti così raccontano i dolcemente quei loro ricordi, a volte giocosamente. Spiegano chi era don Oreste. «Un uomo, un cristiano, un prete», ripetono tutti: un uomo, un cristiano, un prete «vero». E basta guardarsi intorno per rendersene conto. Per incontrarlo di nuovo sul volto di ciascuno di questi anziani e bambini, disabili, mamma e papà, ex-prostitute ed ex-galeotti, bianchi, neri e gialli.È una festa questo convegno: a don Oreste deve stare piacendo un bel po’ goderselo da lassù. Oggi poi si va dritti al cuore delle necessità, discutendo su come «rendere insopportabile l’ingiustizia» e di «un incontri simpatico con Cristo», ribadendo che «nessuna donna nasce prostituta» e spiegando perché «correre dove la vita è ferita». Proprio come faceva il "don".