Chiesa

TESTIMONI DEL VANGELO. Álvaro del Portillo, lavoro e dono totale di sé​

Ilaria Solaini sabato 6 luglio 2013
Era facile volergli bene, sentirsi forti dei suoi consigli, perché si toccava con mano il suo interesse sincero e sacerdotale per le anime». Così il vescovo Javier Echevarría, prelato dell’Opus Dei ha ricordato l’impegno in una vita che appare come un sì costate pronunciato alle richieste del Signore del vescovo Álvaro del Portillo (11 marzo 1914-23 marzo 1994). Papa Francesco, ieri, autorizzando la Congregazione delle cause dei santi a promulgare il decreto per il miracolo attribuito al primo vescovo prelato dell’Opus Dei, nonché «il miglior appoggio per san Josemaría Escrivá», ha aperto la strada alla sua beatificazione. «Lavorò senza sosta, prima come ingegnere, poi come sacerdote e negli ultimi anni come vescovo, dando un senso alto al suo operato, nel quale cercava la gloria di Dio e il bene degli altri – ha spiegato monsignor Flavio Capucci, postulatore della causa –. Ecco, penso che proprio l’aver vissuto nel lavoro il cardine della santità sia un suo insegnamento di valenza universale, per i cattolici e per tutti coloro che sono sensibili al valore, anche spirituale, dell’impegno per dare un senso non effimero alle realtà terrene». La guarigione miracolosa del piccolo José Ignacio Ureta Wilson, è avvenuta nell’agosto 2003, pochi giorni dopo la sua nascita. Il neonato subì un arresto cardiaco di oltre mezz’ora e una grave emorragia, i suoi genitori pregarono con grande fede per intercessione di monsignor Álvaro del Portillo e, quando i medici pensarono che il bambino fosse morto, senza alcun trattamento aggiuntivo e del tutto inaspettatamente, il cuore del neonato ricominciò a battere di nuovo, per raggiungere il ritmo di 130 pulsazioni al minuto. Da allora, il bambino che il prossimo 10 luglio compirà 10 anni conduce una vita serena a Santiago del Cile con la sua famiglia. Il postulatore della causa ha riferito di aver ricevuto circa 12mila relazioni di favori ottenuti per intercessione del vescovo prelato dell’Opus Dei: «Sono arrivate relazioni riguardanti grazie di ogni tipo: materiali e spirituali. Certamente le più sorprendenti sono le guarigioni straordinarie, che sono dei più diversi tipi: dalla scomparsa di un melanoma con metastasi, dopo la preghiera a don Álvaro, fino al ristabilimento totale senza conseguenze di un bambino affogato in una piscina». L’affabilità e la mansuetudine di «don Álvaro», unito al suo essere «una persona alla mano» che lavorò molto alla catechesi per la famiglia spiegano il gran numero di grazie riguardanti la vita matrimoniale: «Sposi che recuperano l’armonia coniugale – ha proseguito monsignor Capucci –; nascita di figli, a volte dopo anni di attesa prima di ricorrere alla sua intercessione; riconciliazioni tra parenti in lite; nascita di bambini sani, dopo la diagnosi che il bambino sarebbe nato malformato». Quel legame intenso con Giovanni Paolo II – di cui monsignor del Portillo fu «fedelissimo collaboratore» – si rinsaldò dapprima alla morte del Prelato dell’Opus Dei quando l’allora Pontefice andò a pregare davanti ai resti mortali di don Álvaro e ancor di più oggi sembra essersi rafforzato con la «felice coincidenza», come l’ha definita monsignor Echevarría, della concomitanza dei decreti riguardanti da un lato la beatificazione del vescovo del Portillo e dall’altro la canonizzazione di papa Wojtyla. In entrambi «si evidenziava la loro umiltà – ha concluso il postulatore, monsignor Capucci –, l’amore per la Chiesa e per le anime, la devozione alla Madonna: tra loro intercorreva una grande sintonia spirituale».