Attualità

Riforma elettorali. Zanda (Pd): «Niente blitz sull'Italicum»

Arturo Celletti giovedì 27 febbraio 2014
«C'è l’Italicum; non c’è un’altra legge elettorale». Bastano sei parole a Luigi Zanda per puntellare il patto Berlusconi-Renzi. Per spiegare che blitz per smontarlo non sono nemmeno da prendere in considerazione. Per avvertire chi punta a modificare soglie e sbarramenti e magari a introdurre le preferenze che «è bene studiare possibili miglioramenti ma, parallelamente, occorre anche studiare le maggioranze che li possano approvare al Senato e alla Camera». Sono parole nette. E netto è il suo messaggio finale destinato a fare titolo: «Sull’Italicum c’è una maggioranza Pd-Forza Italia-Ncd-centristi. Il progetto si cambia solo se c’è un nuovo sì di tutti». Come dire: cambia se c’è anche il sì del Cavaliere. Siamo da mezz’ora al primo piano di Palazzo Madama nell’ufficio del presidente dei senatori del Pd. Zanda parla di un’Italia ancora convalescente e si sofferma a lungo sul ruolo decisivo del suo partito per ridare forza al Paese. «C’è un disperato bisogno di stabilità politica e il Pd è l’unica forza in grado di garantirla...». Ancora una pausa. Leggera. «Per riuscire a risollevare il Paese è anche necessario che il processo di riforma delle istituzioni si realizzi, che si modifichi la legge elettorale. Ma che soprattutto che si superi il bicameralismo perfetto e il Senato così com’é. Il Pd è pronto a impegnarsi con determinazione per centrare tutti gli obiettivi». Davvero crede che il Pd seguirà Renzi e accetterà la "chiusura" di Palazzo Madama? Renzi ha espresso con una frase a effetto un concetto chiaro da tempo a tutti i senatori: stiamo andando verso un Senato che non darà più la fiducia al governo, che non sarà più un Senato come è oggi. È un progetto irreversibile dietro cui prende forma una sfida storica: superare il bicameralismo, porre fine a questo processo legislativo che vede i disegni di legge parlamentari invecchiare nella spola tra Camera e Senato. E poi vuole la verità? Non c’è un costo di Palazzo Madama, nè un costo legato alle indennità dei senatori. Il costo vero e terribile è quello legato al ritardo nell’approvare le leggi che servono all’Italia. La sfida sulle riforme è ambiziosa e richiede tempo. Sì, è così. Per guarire l’Italia ha bisogno di anni non di mesi. Non basterà questa legislatura; ne servirà almeno un’altra. E questa consapevolezza fa crescere in maniera netta la responsabilità del Pd, oggi l’unico grande partito politico che può dare una prospettiva a lungo termine. Crede davvero che la legislatura arriverà al 2018? Sarebbe un bene per l’Italia e il Pd deve lavorare in questa direzione, deve credere e scommettere su questo obiettivo. Senza tattiche e senza retropensieri. Poi, se altre forze politiche giocheranno sporco, se ci sarà un qualche lavoro di impantanamento allora sarebbe la stessa gravità della situazione italiana a richiedere elezioni anticipate. È realistica l’ipotesi di un voto nel semestre di presidenza?Votare nel semestre sarebbe umiliante per l’Italia. Ma sarebbe anche umiliante l’utilizzo del semestre per far prevalere politiche ostruzionistiche o dilatorie. Torniamo per un attimo all’Italicum: teme un blitz sulle preferenze? Il Pd interpella i cittadini attraverso le primarie. E ora su questo serve uno scatto in avanti: regolamentiamole per legge. Sarebbe un grande passo per garantire un processo di selezione democratica dei candidati alle cariche politiche. Ma anche su questo serve una maggioranza larga.Anche per riformare la Giustizia? Li vede Berlusconi e Renzi uniti anche su questo fronte? Tutte le forze politiche possono, anzi devono, confrontarsi anche sulla Giustizia. La riforma di quella civile non è più rinviabile: la lentezza dei processi rovina le aziende, brucia i risparmi delle famiglie. Se per risolvere questo nodo si devono mettere seduti a un tavolo il premier e gli altri leader lo facciano. Sulle riforme deve essere la stagione del dialogo. Il Parlamento deve assecondarlo, aiutarlo, sostenerlo, alimentarlo. Dialogo sulle riforme e sulla giustizia con due chiarimenti. Uno: la giustizia va cambiata con una maggioranza larga, ma anche con una grande attenzione al rispetto della Costituzione, a non far prevalere gli interessi di nessuno. Due: nessuno può pensare di mettere in discussione l’indipendenza della magistratura.   Senatore insisto: davvero è convinto che tutto il Pd sarà leale con Renzi?Insisto anche io: guardi i numeri dell’ultimo doppio voto di fiducia al Senato e alla Camera. Stanno lì a dimostrare il grande senso di responsabilità politica anche della minoranza: le distinzione possono restare, ma tutti sanno quanto in un partito politico conti il valore dell’unità. C’è chi ha visto dietro l’abbraccio tra Enrico Letta e Pierluigi Bersani un segnale al premier...L’idea che si sia potuto pensare a un tradimento nei confronti di Enrico Letta da parte di tanti parlamentari del Pd mi ha addolorato e ancora mi addolora. Le forme potevano essere diverse, ma al fondo c’era un’analisi politica differente che prevedeva la necessità di un governo totalmente nuovo e, per dargli forza politica, serviva la guida del segretario del Pd. Se il Pd è forte e coeso, nel centrodestra cresce la preoccupazione. Sanno che qui c’è un partito fatto di intelligenze, di esperienze, di valori, della forza politica dei suoi dirigenti. A partire da quella del segretario. Di là, il centrodestra sta attraversando una fase difficilissima... Che ci sta dicendo? La decadenza di Berlusconi ha prodotto la fine di un’unità fittizia del Pdl e la divisione in due: Fi e Ncd. Ora dobbiamo augurarci che vinca la parte del centrodestra che aspira ad essere un partito conservatore di stampo europeo perché dall’altra parte c’è troppo estremismo. Renzi com’è davvero? Ha la capacità di arrivare molto rapidamente al cuore delle questioni. Ha una rapidità che certamente è un aspetto del suo carattere e che oggi vive anche come necessità in relazione alle condizioni del Paese. Ripeto: l’Italia sta ancora messa male e servono risposte serie nel tempo più breve possibile. Renzi può diventare un leader importante. Può vincere la partita. Ma adesso oltre all’esperienza politica ha bisogno di esperienza dei meccanismi dello Stato. La fase è delicata e ci sono tre grandi sfide, tre grandi direzioni di marcia. Ci spieghi le direzioni. La solidarietà sociale: ci sono troppe famiglie povere, troppi giovani e troppe donne senza lavoro. Poi c’è l’Europa politica: l’Italia deve sfruttare il semestre di presidenza per lavorare a un’integrazione politica dell’Europoa; poi c’è la riforma dello Stato che negli ultimi vent’anni si è troppo indebolito. È un giorno brutto per i Cinque Stelle dove cresce l’ala anti Grillo. Con questi crede possibile un confronto?Non possibile, è necessario. Se i Cinque Stelle fossero collaborativi sulle regole del gioco dovremmo cercare un’intesa anche con loro. La Costituzione si cambia tutti assieme.