Attualità

PROTESTA A ROMA. «Welfare senza fondi» L’urlo del Terzo settore

Paola Simonetti mercoledì 22 giugno 2011
Lo smantellamento del welfare in Italia è graduale quanto silenzioso. La sua «delegittimazione» si concretizza nella scure che vi si è abbattuta con tagli che provocano una costante spoliazione dei servizi ai cittadini più deboli. Il Forum del Terzo settore e la campagna «I diritti alzano la voce» con questo amaro resoconto hanno presentato ieri a Roma la mobilitazione contro quello che definiscono un depauperamento in atto dello Stato sociale, che domani sarà di scena nella Capitale davanti a Montecitorio alle ore 11, e con presidi in altre tredici città d’Italia in nove regioni: Ancona, Belluno, Bologna, Cagliari, Catanzaro, Firenze, Milano, Napoli, Padova, Torino, Venezia, Verona, Vicenza.L’iniziativa segna l’inizio di una vera e proprio battaglia, dopo i molti tentativi di dialogo con l’esecutivo caduti nel vuoto: «La nostra iniziativa è un atto di accusa contro la politica dell’attuale governo – ha spiegato Lucio Babolin, portavoce della campagna –, ma che intende chiamare in causa anche le Regioni, che troppo poca contrattazione su questo fronte hanno saputo operare». Virtuose figurano, stando al giudizio dei promotori, Emilia Romagna e Toscana, che hanno messo in atto «tagli selettivi, che non hanno toccano il sociale».Ma conti alla mano, le moltissime organizzazioni aderenti lanciano un grido di dolore: «Dal 2008 ad oggi i tagli sono arrivati all’80% – dice Babolin –: da 2,5 miliardi di euro nel 2013 si giungerà a 113 milioni. L’azione dell’attuale esecutivo è quella di relegare il Terzo settore in una sfera puramente assistenzialistica, a sfondo caritatevole. In questo modo le tutele dei diritti sanciti dalla legge 328 di 11 anni fa si stanno sgretolando». A pagare un prezzo salato sono le famiglie, gli anziani, i malati, ovvero l’80% della popolazione italiana, fanno notare gli organizzatori, con un colpo ben assestate al fondamentale principio di sussidiarietà: «Gli asili nido, già scarsi, hanno cominciato a chiudere, così come sta venendo meno l’assistenza domiciliare, le comunità di accoglienza, stroncate dalle difficoltà finanziarie, senza tralasciare il sostegno scolastico agli alunni con bisogni speciali».In questo contesto la delega al volontariato di molti servizi si configura quasi come «sfruttamento puro» dell’associazionismo, che a fatica riesce a tamponare le lacune: le organizzazioni del privato sociale, è stato fatto notare, hanno poco ossigeno fiaccate dai pesanti ritardi nei pagamenti dei corrispettivi, che nel migliore dei casi si attesta sui 12-24 mesi. La misura, dunque è colma. «Ci aspettiamo una svolta – ha precisato Babolin –. Il nostro “basta” è fermo e inderogabile. Seguiremo tutte le vie possibili. Facciamo presente a governo e istituzioni che non si può più procedere senza dare applicazione certa a quanto sancito dalla legge 328, nello specifico all’annosa questione della definizione dei livelli essenziali di assistenza sociale, la cui applicazione potrebbe anche avvenire gradualmente».Le organizzazioni aderenti alla mobilitazione sperano in una convocazione di un rappresentante del governo, a cui a cui sottoporre le numerose richieste, che «sono il minimo per un paese civile che debba fronteggiare un’esplosione della povertà, in un contesto di crescente invecchiamento della popolazione: definizione dei livelli essenziali delle prestazioni sui diritti civili e sociali, forte investimento nelle politiche sociali e una reale applicazione del principio di sussidiarietà, senza tralasciare il ripristino del fondo per la non autosufficienza, la definizione del Piano nazionale per la famiglia e il suo adeguato finanziamento, il rilancio del servizio civile, l’approvazione di una misura universalistica contro la povertà».