Attualità

Palermo. Troppo rumore, il giudice chiude il campo dell’oratorio

Alessandra Turrisi venerdì 31 gennaio 2020

L’oratorio della parrocchia Santa Teresa del Bambino Gesù di Palermo

I palloni che rimbalzano e i ragazzini che giocano fanno troppo rumore, disturbano i condomini e il giudice vieta le attività ricreative di un oratorio parrocchiale del centro di Palermo. L’ordinanza di un giudice civile del Tribunale del capoluogo siciliano sta già scatenando una levata di scudi da parte di sacerdoti e animatori della parrocchia Santa Teresa del Bambino Gesù, ma anche di tutti quei parroci e volontari che in città affidano alla tradizionale attività dell’oratorio la propria pastorale giovanile. Il tutto proprio nel giorno in cui la liturgia festeggia San Giovanni Bosco.

Oggi sarà l’avvio del reclamo presentato dalla comunità guidata dai Fratelli missionari della misericordia e da padre Roberto Ciulla, per provare a ribaltare il verdetto. La storia comincia due anni e mezzo fa, quando alcuni inquilini di un edificio di via Filippo Parlatore che si affaccia proprio sul cortile dell’oratorio presentano un ricorso lamentando un uso improprio di quello spazio e una situazione perenne di rumore intollerabile. Contestano i «raduni ludici e sportivi con l’impiego di molteplici palloni da gioco e impianti amplificatori durante molte ore del giorno».

Da qui la richiesta di «adottare idonei accorgimenti tecnici atti a contenere le immissioni rumorose». Anche la vicina Casa di cura Torina interviene, di- fendendo le attività ludiche svolte su quello spiazzo, che «lungi dal dare disturbo ai pazienti, allietano piuttosto il loro umore».

La stessa parrocchia ricorda che quei luoghi le sono stati donati nel 1955 con l’espressa finalità della «ricreazione dei giovani poveri che frequentano la parrocchia» con destinazione immutabile. Per di più le attività «non si svolgono in modo disorganizzato essendo invece programmate nel contesto del Csi (Centro sportivo italiano)» e «le immissioni rumorose si sarebbero consumate soltanto in modo occasionale».

Ma la decisione è stata drastica. Niente pallone in assenza dei lavori di adeguamento per insonorizzare le mura del campetto. Opere per migliaia di euro quelle necessarie per trasformare il campo in una bolla di gommapiuma. E con una regolamentazione da collegio svizzero.

Il giudice parla di «attuale intollerabilità delle attività ricreative e ludiche» svolte dall’Oratorio e, andando oltre le richieste dei ricorrenti, «vieta lo svolgimento di qualsiasi attività ludica o ricreativa che implichi l’impiego di palloni sugli spazi esterni della parrocchia e dell’oratorio in assenza di porte da gioco calcistico regolarmente munite di reti e distanti almeno un metro e mezzo dalle pareti dell’oratorio, in modo da evitare che le pallonate rimbalzino in modo rumorosissimo contro esse; di barriere perimetrali in gommapiuma»; «stabilisce che la pratica ludica sia limitata ad un solo sport per volta e con l’impiego di una sola palla; vieta l’utilizzo di impianti di amplificazione compreso il megafono»; il basket «una sola volta alla settimina per una durata non superiore ad un’ora» e una serie di altre limitazioni di orario.

Addio ai palloni, alla musica, alla gioia dei bambini? Accorato l’appello del vicepresidente dell’associazione che cura l’oratorio, Enzo Mulia: «Non permetteremo che si spenga questa fiammella sul territorio». Il timore per un effetto a cascata sugli altri oratori cittadini serpeggia tra i sacerdoti. Don Enzo Volpe, anima del centro Santa Chiara a Ballarò, nel centro storico, si dice «deluso ed esterrefatto. Lo sport è lo strumento educativo per eccellenza per togliere i ragazzi dalla strada. Ci vuole una mobilitazione». E il presidente del Csi Palermo, Maurizio Polizzi, assicura che coinvolgerà nella vicenda anche l’ufficio nazionale.

I PRECEDENTI
Questo di Palermo non è certo il primo caso di un oratorio «chiuso per rumore». Già nell’estate del 2011, il Comune di Milano, con un’ordinanza, vietò i giochi all’aperto all’oratorio di Santa Maria al Paradiso di Porta Vigentina. Anche all’ora la comunità si mobilitò. E lo stesso avrebbe fatto, sette anni dopo, la popolazione di Premosello, nel Verbano, contro la sentenza del Tribunale che aveva ordinato la chiusura del parco giochi, dopo le proteste dei residenti.