Attualità

Legge elettorale. La Consulta boccia il ballottaggio e salva il premio di maggioranza

Vincenzo R. Spagnolo mercoledì 25 gennaio 2017

Ballottaggio e pluricandidature. Questi i punti dell'Italicum dichiarati illegittimi dalla Corte Costituzionale. La Corte ha accolto le questioni, sollevate dai tribunali di Torino, Perugia, Trieste e Genova, relative al turno di ballottaggio, dichiarando l'illegittimità costituzionale delle disposizioni che lo prevedono, nonchè quella relativa alla disposizione che consentiva al capolista eletto in più collegi di scegliere a sua discrezione il proprio collegio d'elezione. "A seguito di questa dichiarazione di incostituzionalità - si legge
nella nota diramata dalla Consulta - sopravvive comunque, allo stato, il criterio residuale del sorteggio previsto dall'ultimo periodo, non censurato nelle ordinanze di rimessione, dell'articolo 85 del dpr 361 del 1957".

L'attesa della sentenza

A udienza conclusa, ieri fuori dal Palazzo della Consulta, c’era chi pronosticava una «cancellazione totale dell’Italicum» e chi invece, più realisticamente, l’annullamento dei passaggi più controversi, in primis quello sul ballottaggio. Ancora una manciata di ore e l’attesa del Parlamento e del Paese sarà finita. Da ieri alle 17, i giudici costituzionali sono riuniti in camera di Consiglio. E oggi intorno alle 13 renderanno nota la decisione sulle eccezioni di incostituzionalità sollevate sulla legge elettorale, in vigore dal luglio 2016. La Consulta – che si pronuncerà sui rilievi contenuti in 5 ordinanze emesse dai tribunali di Messina, Torino, Perugia, Genova e Trieste – è chiamata a valutare la legittimità di alcuni meccanismi fissati dal legislatore: dal ballottaggio al premio di maggioranza, ai capilista bloccati, fino alle multicandidature (con l’opzione del candidato di scegliere in quale collegio essere eletto).

«Siate brevi».

L’udienza pubblica di ieri, pur nel rituale formale della Corte, ha avuto momenti da ricordare. Inizio alle 9.30, con gli interventi di legali che chiedono di essere ammessi come parti in giudizio. A introdurre i termini della questione è il giudice relatore Nicolò Zanon. Dopo una breve camera di consiglio, il collegio dei giudici (13 su 15, per l’assenza di Alessandro Criscuolo e il posto vacante, dopo le dimissioni di Giuseppe Frigo) ha escluso le istanze avanzate dal Codacons e da altri cittadini elettori. Poi è toccato agli avvocati promotori dei ricorsi: fra gli interventi in punto di diritto, nel dibattimento si odono citazioni singolari come «il parere del mio barbiere», evocato da Lorenzo Acquarone, avvocato e giurista genovese. Il presidente della Corte Paolo Grossi raccomanda «brevità», invitando tutti ad «attenersi ai ricorsi» ed «evitare con- cioni politiche». Lo scambio è acceso con l’avvocato Vincenzo Palumbo, che argomenta come «nel confezionare la legge, il Parlamento abbia disatteso tutti i principi costituzionali in materia elettorale». Grossi lo invita a concludere per «non esasperare la Corte».

La toga del Porcellum.

Coordinatore del pool di legali 'anti Italicum' è il giurista Felice Besostri (che per scaramanzia porta «la stessa toga che indossavo quando venne annullato il Porcellum »), che chiede alla Corte di valutare anche il fatto che l’Italicum sia stato approvato con voto di fiducia. Il tempo scorre e il presidente incalza i ricorrenti: «Avvocato Paolillo, è un quarto all’una. Se la sente di esporre o prosegue nel pomeriggio? ». «Finisco anche prima», è la risposta.

L’Avvocatura: nessuna incostituzionalità.

Alle 16 si riprende. Tocca all’Avvocato generale dello Stato, Massimo Massella Ducci Teri, che ha il compito di difendere l’Italicum per la Presidenza del Consiglio: «Non ho rinvenuto nessuna norma della Costituzione che vieta il ballottaggio – argomenta – è legittimo, lo Stato deve saper scegliere». Massella difende pure il premio di maggioranza: «La sentenza del 2014 sul Porcellum lo aveva dichiarato illegittimo perché in quella legge elettorale non era connesso a una soglia ragionevole di voti minimi». E nell’Italicum, invece, la soglia è del 40%, mi sembra arduo definirla irragionevole». L’avvocato dello Stato salva pure i capilista: «Coi collegi di ridotte dimensioni, il mix tra candidati bloccati e le preferenze e le multicandidature limitate sono rispettati i canoni di ragionevolezza e proporzionalità richiesti dalla sentenza 1 del 2014 sul Porcellum». La sua conclusione è conseguenziale: «Chiedo che venga confermata la legittimità costituzionale della legge e che siano dichiarate inammissibili le questioni sollevate dai ricorrenti». Alle cinque di sera, la Corte si ritira in camera di Consiglio. Ne uscirà oggi, con la decisione.