Attualità

La via balcanica. Ungheria, profughi in guerra per il cibo

Nello Scavo, inviato a Budapest sabato 12 settembre 2015
Con fare svogliato un gruppo di poliziotti lancia cibo dentro a gabbie metalliche disordinate e sporche, costringendo centinaia di profughi a contendersi i tozzi di pane che dal-l’altra parte della rete vengono lanciati come neanche si farebbe in un canile per randagi. Roeszke, nel sud dell’Ungheria al confine con la Serbia, è l’abisso inaccessibile di chi non è riuscito a sfuggire ai rastrellamenti lungo la frontiera. I rifugiati rimangono reclusi in un limbo senza assistenza legale, né interpreti, né medici che possano quantomeno prendersi cura dei bambini. Giornalisti e organizzazioni umanitarie sono tenuti alla larga, ma un video è comunque stato girato di nascosto e postato su Youtube.  Immagini che arrivano dopo le polemiche per la caccia violenta ai migranti, e dopo le istantanee di una pseudogiornalista che «temendo di essere aggredita», queste le parole di scusa pronunciate ieri da Petra Laszlo, ha scalciato perfino dei bambini.  Dalla stazione di Keleti, nel cuore della Budapest mitteleuropea, fino ai campi lungo l’infernale confine con la Serbia, non c’è un solo posto nel quale le autorità magiare stiano dimostrando di padroneggiare la situazione senza compromettere i diritti umani. Nel principale scalo ferroviario della capitale se la situazione non è tornata esplosiva lo si deve a decine di volontari e di privati cittadini che non smettono di portare aiuti e perfino di ospitare in casa, sfidando le minacce del premier Orban, le famiglie con bambini piccoli. Peter Bouckaert, direttore per le emergenze di Human right watch è uno di loro. «Una casa, un letto, una doccia; non chiedono niente di più», dice. «I profughi rinchiusi nel centro di Roeszke – denuncia Bouckaert – vivono invece in condizioni di sporcizia e sovraffollamento, affamati e senza assistenza sanitaria», come dimostra il filmato girato, a quanto si è saputo, dalla moglie del politico austriaco Alexander Spritendorfer, che presta servizio di volontariato proprio nella zona.  La polizia ungherese dice di voler aprire un’indagine interna, ma il premier Viktor Orban li ha già assolti. Il capo del partito Fidesz da Budapest ha elogiato l’operato della polizia, che «in una situazione di estrema emergenza per l’enorme afflusso di migranti illegali fa diligentemente il suo lavoro, senza ricorrere – ha scandito – all’uso della forza». Parole che contrastano con le manganellate, i lacrimogeni, le mute di cani che pattugliano la frontiera. Orban ha confermato che dal 15 settembre gli stranieri che entreranno illegalmente verranno arrestati. In quali condizioni saranno reclusi non è difficile immaginarlo. Nei prossimi tre giorni, prima dell’entrata in vigore delle norme anti-immigrazione, il flusso si intensificherà. Dal confine greco con la Macedonia, infatti, a migliaia si stano mettendo in marcia sperando di non finire impantanati alle porte dell’Ue. Ieri le autorità di Skopje hanno registrato 500 nuovi arrivi ogni ora, dopo i 7.600 ingressi di giovedì. Circa 50mila richiedenti asilo sono arrivati in Germania da venerdì scorso, a bordo di oltre 500 treni. Le cifre fornite dalla compagnia ferroviaria tedesca Deutsche Bahn spiegano il perché siano stati messi sui binari oltre 30 treni speciali per Monaco, Dusseldorf, Dortmund e Berlino. L’Austria, però, mantiene il blocco ai convogli tra Budapest e Vienna, lasciando comunque operativi i treni regionali che dal confine con l’Ungheria permettono di raggiungere la capitale. Anche la Danimarca alterna blocchi ferroviari a momentanee riaperture. Un clima che non scoraggia i trafficanti. Ieri un italiano di 52 anni, residente nel Comasco, è stato arrestato a Szonbathely, in territorio magiaro ma a pochi chilometri dall’Austria. Nel suo furgone trasportava 33 profughi. L’uomo sostiene di averli trovati infreddoliti mentre si erano incamminati e perciò di avergli dato un passaggio. Una versione che questa mattina, nel corso dell’udienza di convalida, verrà messa a confronto con quella dei rifugiati. Intanto, però, l’uomo è indagato per traffico di esseri umani. Ma se sul fronte interno il governo di Viktor Orban continua a mostrare i muscoli, la diplomazia ungherese lavora sottotraccia per uscire dall’angolo. Ieri l’Ungheria ha chiesto l’attivazione del meccanismo di protezione civile europeo. Una notizia in nessun modo comunicata dal governo magiaro, ma confermata da Mina Andreeva, portavoce della Commissione Ue. Budapest ha chiesto «coperte, materassi, cuscini, equipaggiamento per scaldarsi». Nonostante il tiro alla fune con Bruxelles, l’Ungheria non può permettersi che qualcuno muoia di freddo. © RIPRODUZIONE RISERVATA