Attualità

Europee. Soglia al 3%, un gioco del cerino in cui soltanto il Pd rischia di scottarsi

Danilo Paolini mercoledì 6 settembre 2023

Per capire l’apertura di Fratelli d’Italia all’abbassamento dal 4% al 3% della soglia prevista dalla legge elettorale italiana per il Parlamento Europeo, conviene partire dall’ultimo sondaggio Swg diffuso dal Tg di La7 due giorni fa. La rilevazione dà il partito della premier Giorgia Meloni ben saldo al primo posto con il 28,2%, sebbene in flessione rispetto alla fine di luglio. A seguire il Pd con il 20,1 e il M5s con il 16,9, entrambi in leggerissima ripresa. Lega e Forza Italia (rispettivamente al 9,4 e 6,4%) supererebbero senza problemi il quorum. Tutti gli altri, al momento, resterebbero fuori.

Ma, attenzione, mentre la gran parte dei rimanenti partiti non avrebbero eletti all’Europarlamento nemmeno con la soglia al 3%, ce ne sono due - Azione (stimata al 3,5%) e l’Alleanza Verdi-Sinistra (3,3%) - per cui il cambiamento farebbe la differenza. Non per niente la proposta sarebbe partita proprio da Avs. Ma, guarda caso, si tratta dei due partiti che contendono l’elettorato al Partito democratico, uno da sinistra e l’altro dal centro.

Sembra decisamente questa la chiave di lettura per interpretare il “nulla osta” di Fdi alla diminuzione del tetto minimo: fare in modo che il Pd non sia l’unico “voto utile” per gli elettori di centrosinistra (o quanto meno contrari alle politiche europee del centrodestra). Non solo. Se alle europee i dem non raccogliessero almeno il 25%, la leadership di Elly Schlein rischierebbe già di finire sul banco degli imputati ad opera dell’opposizione interna. E sarebbe un doppio colpo per il partito della fiamma, sempre più in testa e con il principale avversario in difficoltà e alle prese con una resa dei conti.

A scottarsi, insomma, sarebbe solo il Pd. Da qui la «prudenza» raccomandata ieri dal responsabile riforme di Largo del Nazareno, Alessandro Alfieri. Con la stessa chiave di lettura, ma da una prospettiva diversa, si può invece capire il “no” senza appello di Fi e Lega: più Fdi è forte, più si accentuano le gerarchie e gli equilibri di forza dentro la maggioranza.