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Sassuolo. Multe di 56 euro a chi fa l'elemosina ai poveri

Chiara Pazzaglia giovedì 30 aprile 2020

A Sassuolo, nel Modenese, il buon cuore si paga. Un gesto di carità vale 56 euro: è l’importo della multa che spetterà a quanti cederanno alle richieste di un questuante, concedendo una monetina in elemosina. La decisione è stata presa lunedì sera dal Consiglio comunale, riunito in videoconferenza. A maggioranza è stata votata questa integrazione al nuovo Regolamento comunale di polizia urbana.

Il Regolamento, ha spiegato il comandante della Polizia locale, Stefano Faso, recepisce parte del decreto Minniti. Secondo il sindaco, Gian Francesco Menani, esso fornisce agli agenti ulteriori strumenti con i quali combattere il degrado urbano, anche grazie al supporto del “controllo di vicinato”. Infatti il Regolamento prevedeva già la definizione di zone centrali in cui era possibile sanzionare col Daspo, ovvero con l’allontanamento dal territorio cittadino, l’accattonaggio, i bivacchi, i posteggiatori abusivi, l’ubriachezza. Con le modifiche introdotte le zone sono state ampliate alla periferia. Inoltre è stato introdotto il divieto di consumo di alcolici sulle aree pubbliche, estendendo così la precedente limitazione che riguardava i parchi urbani.

La modifica che fa più discutere, tuttavia, riguarda l’introduzione del- l’ammenda, non solo per chi riceve l’elemosina, ma anche per chi la fa. Non sono mancate le polemiche, anche in Consiglio comunale: se per il consigliere Cristian Misia, della Lega, si tratta solo di «una piccola ammenda amministrativa», pensata «non per multare la vecchietta che vuole fare la donazione, ma per preservare chi è vittima di condotte moleste da parte dei professionisti dell’accattonaggio », per i consiglieri Pd, all’opposizione, è impensabile «multare la carità» e risolvere così i problemi di degrado.

L’idea choc del Comune di Sassuolo

La giunta leghista di Sassuolo ha portato in Consiglio comunale una modifica al regolamento di polizia urbana, ideato contro il degrado e l’accattonaggio. Nel documento, che è stato approvato lunedì sera durante una seduta in video-conferenza tra proteste e recriminazioni, è indicata una multa da 56 euro a coloro i quali faranno l’elemosina. Lo strumento amministrativo che voleva frenare il fenomeno dell’accattonaggio in strada ha scatenato forti polemiche.

Tra essi, il consigliere Lenzotti si autodenuncia: «Quando vedo persone in difficoltà è ovvio che non cerco di incoraggiare un comportamento malavitoso, ma di aiutare chi ritengo abbia bisogno e continuerò a farlo rischiando un’ammenda. Non mi giro dall’altra parte», ha detto. Don Matteo Prosperini, direttore della Caritas diocesana di Bologna, è attento a non scendere nella polemica tra partiti, ma non nasconde una certa perplessità sulla decisione: «Credo che la politica, prima di compiere queste scelte, debba interpellare anche le realtà e le associazioni del territorio, che con la povertà hanno a che fare ogni giorno – osserva –. Sicuramente anche il tempismo non è dei migliori; dubito che, in un momento così delicato, questa possa essere la priorità di una amministrazione ». Don Prosperini non nega che il racket delle elemosine esista e vada debellato: «Il problema dello sfruttamento delle persone, però, va risolto alla radice, non multando il cittadino. Le opere di carità sono connaturate alla natura umana. D’altra parte la carità è una virtù teologale, non un reato da sanzionare».

Questa emergenza «ci ha fatto conoscere un mondo di carità non formale fatta da baristi, ristoratori, semplici cittadini che si prendono a cuore singole situazioni». La necessaria chiusura delle attività e l’isolamento «hanno fatto emergere quanto siano preziosi questi interventi». La povertà dunque, per il direttore della Caritas bolognese. «è un problema organico e, come tale, richiede soluzioni complesse, non semplificazioni ».