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Guerra. Pronti due voli umanitari della Caritas per 400 profughi ucraini vulnerabili

Paolo Lambruschi, inviato a Przemisl (Polonia) mercoledì 16 marzo 2022

L’addio di donne e bambini, rifugiati ucraini, a mariti e padri alla stazione di Leopoli, in Ucraina, in partenza verso la Polonia

Due voli umanitari della Caritas italiana per portare a Roma la prossima settimana da Varsavia 400 profughi ucraini vulnerabili. L’annuncio è stato dato dalla delegazione dell’organismo pastorale della Cei che ha concluso ieri il viaggio iniziato venerdì nei tre Stati europei più coinvolti nell’accoglienza dei profughi: Moldavia, Romania e Polonia. Il volo è offerto da un donatore – la compagnia privata Comlux che ha già effettuato con Caritas italiana un volo umanitario portando i profughi dal Niger – che a bordo di un Boeing 787 trasferirà gratuitamente martedì 22 e mercoledì 23 marzo dalla Polonia all’Italia i profughi più fragili, quelli non in grado di affrontare un lungo viaggio in auto.

«Con questo segno – afferma il direttore di Caritas italiana don Marco Pagniello – vogliamo favorire l’ingresso dei profughi ucraini più deboli e fragili. E ribadire che il nostro stile è andare a cercare chi ha bisogno, non attenderlo. Mettiamo al centro la persona e la sua storia e la cura che vogliamo avere inizia con il farli arrivare nel miglior modo possibile».

Davanti all’aumento costante di persone in fuga nelle prime tre settimane di conflitto, il sacerdote ribadisce la risposta data dalla rete delle Caritas diocesane. «Ci stiamo muovendo su due versanti. Sul territorio nazionale, attraverso le Caritas diocesane, tantissimi operatori e volontari si stanno prendendo cura delle persone con l’allestimento dei luoghi di accoglienza. Dall’altro stiamo sostenendo lo sforzo delle Caritas di Moldavia, Romania e Polonia che stanno affrontando l’emergenza in prima linea. I numeri dicono che la situazione peggiore è quella polacca mentre quella più commovente è quella della Romania, dove una chiesa minoritaria vuole fare la sua parte al meglio. La Moldavia è un Paese fragile che si apre all’accoglienza nonostante i carri armati russi siano vicini. La chiesa moldava va oltre la paura e vuole fare la sua parte. Siamo con loro».

Alle frontiere si vede la fuga dalle bombe russe della classe media ucraina, che si può permettere il viaggio verso ovest. Questa è un’emergenza umanitaria senza precedenti dal 1945 secondo l’Onu. In Polonia si è fermato oltre il 60% dei tre milioni finora fuggiti secondo l’Acnur. In molti casi li ospita un famigliare: dal 2014 il paese ha accolto infatti quasi due milioni di immigrati ucraini. Ma anche l’Italia con 250 mila immigrati ucraini è una delle destinazioni privilegiate. La Caritas italiana, forte dell’esperienza di 30 anni fa nei Balcani, guarda dunque al lungo periodo.

«Quando – prosegue don Pagniello dalla stazione di Przemsil, prima fermata dopo la frontiera venendo da Leopoli – se la guerra non finirà, arriveranno i più poveri. Secondo l’Onu un altro milione potrebbe presto varcare la frontiera e per noi è la sfida più grande. Superata questa prima fase, la rete Caritas deve includere queste persone nelle comunità e fare la propria parte per la tenuta sociale affinché anche questa emergenza non venga strumentalizzata per altri scopi. Credo la Caritas e la Chiesa abbiano anche il ruolo di vigilare perché ognuno faccia la propria parte. Abbiamo visto in queste settimane una grande solidarietà spontanea ed è stata molto positiva. Ora, però, bisogna pianificare la volontà di fare del bene perché la carità va organizzata. Abbiamo sconsigliato alcune raccolte, ad esempio. In Polonia c’è bisogno di molto, ma non di tutto quello che noi pensiamo».

La Caritas polacca ha trasformato la stazione in una mensa e un centro di primo soccorso. Guarda il flusso di donne e bambini che scende dai vagoni e riflette sul lungo periodo anche il responsabile immigrazione della Caritas italiana Oliviero Forti. «Credo che difficilmente la Polonia riuscirà a reggere a lungo un numero così importante di profughi. Sarà quindi responsabilità dei governi dell’Ue varare un piano serio di redistribuzione assegnando una quota di persone da accogliere agli altri Stati. Per ora chi è arrivato in Italia è sistemato presso familiari e amici, però diverse persone si stanno rivolgendo alle organizzazioni per trovare una sistemazione». Quali sono le novità di questa crisi umanitaria? «Gli ucraini – risponde – per ora non hanno progetti di permanenza definitiva. A differenza di profughi di altre guerre nutrono grandi speranze di rientrare.

E poi lo status. In base a un accordo pre-bellico, possono circolare per tre mesi con un visto equiparabile a quello turistico, ora hanno una marcia in più per integrarsi perché a breve gli verrà riconosciuto un permesso di un anno rinnovabile che gli consentirà di lavorare. È un’opportunità anche per il nostro Paese.

Infine l’accoglienza. Accanto all’ampliamemto del sistema istituzionale la Caritas infatti propone un modello di accoglienza diffusa già sperimentata con gli ultimi progetti per rifugiati nelle comunità. Insieme alla Protezione civile e alle altre organizzazioni stiamo costruendo una proposta di sistema misto per affiancare a quello tradizionale un circuito nuovo dove i protagonisti sono le comunità, le famiglie, la società civile che ha già messo a disposizione un numero eccezionale di posti. È un orizzonte nuovo, un’occasione che non va sprecata».