Attualità

L'intervista . Tronca: «La mia Roma, legale e solidale»

Vincenzo R.Spagnolo venerdì 15 aprile 2016
Si chiama «Piano di attuazione del programma regionale per l’emergenza abitativa per Roma Capitale» ed è la delibera firmata nelle scorse ore dal commissario prefettizio Francesco Paolo Tronca. Contiene un primo elenco di 16 edifici occupati, da liberare in via prioritaria, e un secondo che riporta una lista più ampia di 74 stabili occupati (compresi però i primi 16). Tutti individuati nel corso degli anni, fanno sapere in Campidoglio, «in base di criteri di priorità fissati dal tavolo tecnico istituito presso la Prefettura di Roma e stabiliti in sede di Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica in quanto pericolanti, interessati da sequestro o causanti danni erariali ». Gli sgomberi non procederanno in modo indiscriminato: gli stabili occupati, partendo dai primi 16 edifici individuati – spiegano fonti capitoline –, verranno liberati man mano che si renderanno disponibili gli alloggi per l’emergenza abitativa da assegnare, sulla base del bando speciale. Ma il fronte resta caldo: il coordinamento cittadino di lotta per la casa ieri è tornato a manifestare per chiedere un «vero piano di case popolari per Roma», mettendo sotto accusa proprio Tronca, che «doveva gestire l’ordinaria amministrazione della Capitale fino a nuove elezioni» e invece «da quando si è insediato» ha aperto «una nuova stagione di tagli, privatizzazioni, vendita del patrimonio pubblico, sgomberi».  «Nessuno sarà messo in mezzo alla strada. Cercheremo di trovare soluzioni alternative e proporle ai destinatari dei provvedimenti di sgombero e di sfratto. Perché la legalità non può fare a meno della solidarietà. Altrimenti si trasforma in una burocrazia arida, che non porta a nulla, non innesca alcun processo virtuoso, ma è solo un inutile fiume di parole». Nel colloquio con Avvenire, il prefetto Francesco Paolo Tronca, commissario straordinario di Roma Capitale, scandisce più volte i sostantivi «legalità» e «solidarietà», come binomio ispiratore della sua azione di amministratore pro tempore del Campidoglio: «Vorrei essere ricordato dai romani come un uomo delle istituzioni che, fino alla fine del suo mandato, ha lavorato per valorizzare i percorsi di legalità su cui la città si è avviata. Però non in modo cieco, non – come dice qualcuno – 'Tronca Stronca', ma nel modo più condiviso e partecipato possibile». Nel celebre ufficio 'del sindaco', con affaccio sui Fori, i rumori esterni giungono attutiti. Mentre parliamo, la città è attraversata da iniziative di protesta legate all’emergenza abitativa, spina nel fianco dell’Urbe, insieme al rosso in bilancio, ai trasporti ur- bani, alla viabilità, al disagio in periferia e alla presenza di cupole affaristico- criminali, come quelle svelate dalle inchieste su 'Mafia Capitale': «Quando mi sono insediato, insieme ai sub-commissari, potevo adottare la scelta di un traghettamento 'galleggiante' della macchina amministrativa, per poi consegnarla al sindaco entrante – racconta –. Oppure quella, più concreta e utile, di realizzare le cose che si possono fare, nel rispetto dei limiti dell’ordinaria amministrazione, con le risorse esistenti. Abbiamo scelto la seconda strada...». Sul suo tavolo c’è la documentazione relativa alla vicenda degli sgomberi di edifici non abitativi dati in concessione. Come agirete? In diversi di quegli edifici sono ospitate attività di persone invalide, associazioni sportive, onlus e enti caritativi, malati, centri qualificati di aggregazione dei quartieri, volontari, partiti... Le pare che voglia mandarli via proprio io? Però, non posso non adempiere ciò che la magistratura contabile mi chiede di fare, anche se è necessario valutare ogni aspetto di pubblico interesse e non limitarsi a una piatta lettura giuridico- formale. Ecco perché, mentre gli uffici capitolini andavano avanti, ho voluto sentire tutte le componenti sociali interessate. E da ognuno ho registrato la piena condivisione a cercare una soluzione diversa dagli sgomberi con la forza pubblica. Una soluzione di quale genere? Per domani (oggi, ndr) ho convocato un tavolo in Campidoglio con l’avvocatura, i dipartimenti e la mia segreteria tecnica. Stiamo lavorando a una via giuridica, partendo da una recente sentenza del Tar a seguito del ricorso di un’associazione (l’Unione nazionale mutilati invalidi per servizio) che riconduce tutte queste realtà inserite nell’elenco delle cosiddette “concessioni” a semplici locazioni da regolarizzare e affidare alla giurisdizione ordinaria. Secondo il Tar non conta la classificazione del bene, ma l’uso che se ne fa. E ciò apre la via a una riflessione. Approfondendo e condividendo, le soluzioni si possono trovare. Ancor più annosa, e drammatica, è la situazione delle famiglie in attesa di una casa popolare, mentre c’è chi le occupa senza titolo... Negli anni si sono perpetrati abusi e veri e propri ricatti sulla pelle dei più deboli. Anche in queste ore c’è chi alimenta, forse ad arte, molta confusione, cercando di mettere nello stesso calderone chi legittimamente attende una casa popolare da anni e chi invece rivendica diritti acquisiti in modo illegale... Come pensa di sbrogliare la situazione? Mercoledì abbiamo adottato un Piano di riordino sul tema delle politiche abitative. Mentre sul fronte delle case popolari prosegue l’azione di sgombero di chi abitava abusivamente, anche con redditi altissimi, in un alloggio destinato invece a chi da anni è inserito in una graduatoria. Posso dire con soddisfazione che, quasi contestualmente allo sgombero, riusciamo a riassegnare quegli appartamenti, anche nel centro storico: da gennaio, dati alla mano, abbiamo assegnato circa 80 alloggi, a fronte di circa 50 sgomberi eseguiti. Quante sono adesso le famiglie in attesa per una casa popolare? Le persone in lista d’attesa a Roma per ottenere un alloggio di edilizia residenziale pubblica sono poco più di 9mila. E il patrimonio del Comune, siete riusciti a censirlo? Lo stiamo facendo. Ma non certo per dismetterlo. Ho sentito dire: «Il Campidoglio vuole vendere Roma». Sciocchezze: anche se volessi, e non lo voglio, non potrei vendere neppure un sanpietrino o un garage, perché sarebbe un atto di amministrazione straordinaria, che non posso attuare...