Attualità

Torino. Il figlio che non studia e non cerca lavoro non ha diritto al mantenimento

sabato 3 dicembre 2016

A 24 anni senza studiare né cercare un lavoro voleva continuare a ricevere 1.500 euro al mese dal padre divorziato. Perché riteneva di avere diritto a un tenore di vita simile a quello che la famiglia conduceva prima della separazione, quando il genitore faceva l'amministratore delegato di una grande azienda.

I giudici, però, gli hanno detto di no: se alla sua età non ha raggiunto l'autosufficienza economica, e soprattutto non sembra nemmeno incamminato sulla strada per arrivarci, la colpa è sua. È una sentenza severa quella pronunciata dalla settima sezione civile del tribunale di Torino. Il principio applicato dal collegio presieduto da Cesare Castellani (l'estensore del provvedimento è Andrea De Magistris) è quello della "colpevole inerzia". Il giovane aveva detto che intendeva riprendere gli studi, interrotti nel 2013 in quarta liceo, facendo presente che nel 2014 aveva conseguito l'abilitazione di personal trainer di primo livello. Ma i giudici hanno approfondito il caso. E hanno concluso che il giovane, passato da un'attività all'altra, preparatore atletico, corso di ristoratore o sommelier o agente immobiliare, non si era soffermato in modo serio e continuativo su una sola di esse che gli consentisse, quanto meno, un inizio di autonomia.

È stato il padre a prendere l'iniziativa giudiziaria. L'ormai ex amministratore delegato ogni mese consegnava, oltre ai 1.500 euro al figlio, 2.000 euro all'ex moglie che aveva comunque numerosi beni. Con lei i giudici hanno avuto la mano più leggera. Considerando che durante il matrimonio i coniugi mantenevano un "tenore di vita elevato" al quale la signora deve almeno potersi adeguare, si sono limitati a ridurre la somma: 1.500 euro ogni trenta giorni.