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Attacco alla solidarietà. Vittadini (Cdo): «Così si minaccia la società civile»

Paolo Viana venerdì 3 maggio 2019

Ci sono anche anziani impegnati nel percorso di accoglienza e integrazione di migranti e richiedenti asilo, spesso giunti in Italia via mare dopo la fuga dai centri di detenzione libici, veri campi del terrore / Ansa

Nel dibattito aperto da Avvenire sull’attacco alla società civile, le riflessioni sulla responsabilità della politica, nell’epoca della frammentazione sociale. La riflessione di Giorgio Vittadini: «La cosa più grave è che il valore dell’economia civile non sia stato assimilato e non si comprenda ancora che non riguarda una parte residuale di società, generosa e volonterosa, né Stato né mercato». Il contributo di Carlo Costalli: «Questo governo vuole cancellare i corpi intermedi esattamente come avvenne con le leggi fascistissime. In questo senso, Salvini e Di Maio sono gli eredi di Tremonti e Renzi».


«Hanno ragione Zamagni e Tarquinio nel sottolineare che dietro all'attacco alla solidarietà c’è un passaggio culturale decisivo: verso l’idea disastrosa di un rapporto diretto tra individuo isolato e Stato. Per controllare l’io isolato bastano le piattaforme o gli uomini soli al comando. Per costruire un tessuto sociale in cui le persone prendano iniziativa ci vogliono legami di solidarietà che nascono 'dal basso' e politiche di sussidiarietà...».

Giorgio Vittadini non si limita a difendere la sussidiarietà minacciata dal governo gialloverde. Il presidente della Fondazione per la sussidiarietà la considera l’architrave del progetto sociale cui lavora da sempre, almeno da quando militava in Gioventù Studentesca con don Giussani. «Evidentemente non è bastata la protesta scatenata dal tentato raddoppio dell’Ires per il non profit, che ha costretto alcuni mesi fa l’esecutivo a una precipitosa marcia indietro – ci dichiara Vittadini –. La cosa più grave è che il valore dell’economia civile non sia stato assimilato e non si comprenda ancora che non riguarda una parte residuale di società, generosa e volonterosa, che non è né Stato né mercato».

Vittadini parla di «cambio di paradigma», come «risposta alla crisi del capitalismo» ma forse vola troppo alto, rispetto a politiche governative costrette a rincorrere i buchi di bilancio prodotti da promesse incaute. Ci hanno tentato, come detto, con il raddoppio dell’Ires. Ci ritenteranno presto, a giudicare dalle sparate della Lega contro la Caritas. Un’offensiva che potrebbe investire presto sindacati e patronati e poi scuole, ospedali... «Si fa ancora fatica a considerare soggetto economico a tutti gli effetti un’impresa dotata di patrimonio e reddito, che ha scopi di utilità sociale, quali l’educazione, l’assistenza, la sanità, e per questo reinveste gli utili nell’attività. Un soggetto di questo tipo viene associato tout-court a un’impresa profit» commenta Vittadini, ricordando che, al contrario, «l’interesse pubblico non è solo quello assicurato dallo Stato. È quello relativo a un bene collettivo, a prescindere da chi lo promuove». Su queste basi è stata varata la riforma del Terzo Settore con cui l’ordinamento ha riconosciuto che esiste un mondo di realtà private che operano ben oltre il loro tornaconto e lo fanno per il bene di tutti. Ma neanche una legge ferma i neostatalisti, come dimostra la 'spazzacorrotti' varata a gennaio, che contiene una disposizione che equipara le realtà del privato sociale ai partiti. «Ancora una volta prevale una mentalità alla Francesco Crispi: ritiene che solo lo Stato possa realizzare il bene collettivo» denuncia il presidente della Fondazione per la sussidiarietà.

Più politica (e tranchant) l’analisi del presidente del Movimento Cristiano Lavoratori, Carlo Costalli: «Da 'Prima gli italiani' a 'Me ne frego' il passo è breve, anzi si sta pericolosamente accorciando». Secondo l’ideologia fascista, ricorda, il popolo è il corpo dello Stato e lo Stato è lo spirito del popolo. «Secondo la stessa logica – osserva – questo governo vuole cancellare i corpi intermedi esattamente come avvenne con le leggi fascistissime». L’obiettivo è disintermediare e annichilire i meccanismi di rappresentanza sociale per poi fare lo stesso con quelli della rappresentanza politica, sull’onda del populismo: «Siamo al capolinea di un processo sociale e culturale pericolosissimo, teso a smantellare i corpi intermedi».

Costalli ha sparato su Tremonti all’epoca dei tagli lineari, quando il governo tergiversava sul cinque per mille, e ha criticato Matteo Renzi nel 2014, quando invocò la disintermediazione. Si sa com’è andato a finire il governo del 'rottamatore' – che diceva «Chissenefrega dei sindacati, io parlo direttamente ai lavoratori» –, eppure il governo del cambiamento ci ritenta. «Salvini e Di Maio sono gli eredi di Tremonti e Renzi e della loro voglia di azzerare qualunque organismo sociale che si ponga tra lo Stato e il popolo. Sognano un’Italia tenuta al guinzaglio con la tessera annonaria del reddito di cittadinanza, mentre ci svendono ai cinesi e ai russi» commenta. Mcl sostiene la protesta animata dal professor Zamagni su Avvenire, con la denuncia dello 'Stato asociale', e ancor più l’interpretazione politica fornita dall’editoriale del direttore Tarquinio, quella di una 'guerra' ingaggiata da un’opposizione sociale che va oltre le polemiche sui migranti: mentre la contrapposizione al governo gialloverde sull’accoglienza (negata) interroga il credente in quanto tale, la 'guerra' al disegno neostatalista è un programma politico a tutti gli effetti, cui manca soltanto un partito, sottolinea Costalli, il quale spera in un «rigurgito di dignità dei moderati» e registra «il silenzio del Pd di fronte al funerale del terzo settore».