Attualità

Giornata del creato. «Terra dei fuochi, dialogo e perdono»

Antonio Maria Mira sabato 26 settembre 2015
Sabato ad Acerra, in occasione della X Giornata del Creato, la Chiesa campana con tutti i suoi vescovi si riunisce sul tema 'Ricostruire la città'. L’incontro chiude un cammino che nel 2015 ha visto tre tappe ad Agropoli, Pozzuoli e Sessa Aurunca. Ognuna ha toccato un aspetto del dramma ambientale: la difesa della salute, l’inquinamento come contaminazione delle matrici ambientali e il rilancio della vocazione agricola dei territori. Ad Acerra il tema sarà rigenerare le relazioni sociali in un nuovo patto tra le componenti cittadine e con la terra. La mattina, dopo l’introduzione del vescovo di Caserta, Giovanni D’Alise, delegato Cec per il settore Problemi sociali e custodia del creato e la relazione dell’ex presidente dell’Azione cattolica, Franco Miano, saranno gli studenti a dialogare coi sindaci. Nel pomeriggio nel Castello Baronale i tre temi, articolati in tre punti (le verità acquisite in questi anni, i motivi di preoccupazione e di speranza, le attese) saranno illustrati alle istituzioni, in particolare al presidente della regione Campania,Vincenzo De Luca, con le richieste delle famiglie, dei bambini, dei giovani e degli adulti. Dopo l’intervento del governatore ci si sposterà in corteo in cattedrale dove l’arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe guiderà un momento di preghierá, incentrato sul perdono che gli adulti chiederanno alle nuove generazioni, ma anche sull’impegno di riscatto.  Per risolvere il dramma ambientale in Campania è necessario il dialogo tra istituzioni e cittadini. E questo la Chiesa intende favorire. Ma nella veritá. Noi diamo credito alle istituzioni, non siamo contro, ma facciano la loro parte. Non credano di avere dalla loro la Chiesa se poi vengono meno a questo compito. Non siamo un capo popolo ma non stiamo certo in silenzio». Così il vescovo di Acerra, monsignor Antonio Di Donna, spiega l’iniziativa di oggi che vede sotto il tema 'Ricostruire la città' tutti i vescovi campani riuniti nella città napoletana nel cuore della 'terra dei fuochi' e sede dell’unico ed enorme termovalorizzatore della regione.È un messaggio di speranza quello che la Chiesa vuole lanciare... Noi ci sforziamo sempre di cogliere i motivi di speranza. Perchè il rischio della rassegnazione è molto forte e soprattutto che si spengano i riflettori su questo dramma. Alcuni tentativi di risposta ci sono stati ma siamo ancora in altomare. E quindi bisogna tenere alta la vigilanza.  Per questo vi fate da tramite tra cittadini e istituzioni? Da questo dramma non si esce se non insieme, altrimenti si corrono rischi opposti. O istituzioni sorde che vanno per conto loro o la gente che soffre ed è arrabbiata e si disaffeziona lentamente dalle istituzioni. Posizioni estreme che non aiutano a risolvere i problemi. La Chiesa non entra nei tavoli tecnici direttamente, perché non è sua competenza, però si impegna perchè siano fatti, e con l’occhio ai principi fondamentali che il Papa nell’Enciclica indica chiaramente: quando non c’è certezza che un impianto possa danneggiare gravemente la salute della popolazione deve prevalere il principio di precauzione; prima di impiantare altre realtà inquinanti la popolazione deve essere informata e deve esprimersi. Voi ponete anche il tema dell’agricoltura, per rispondere in modo positivo a chi ha devastato il territorio. È la vocazione di questa terra e del Sud in generale, disattesa insieme a quella turistica. Da noi 50 anni fa si sono abbandonati i campi col miraggio del posto fisso nelle industrie poi miseramente fallite. Non vogliamo tornare a un visione retrograda, ma per un’agricoltura moderna e progettuale. Bisogna aiutare i gruppi di agricoltori onesti che più hanno risentito del clamore mediatico sull’inquinamento dei terreni. Non escludo che qualcuno sia realmente colpevole e connivente, ma ce ne sono altri che si sono dati un codice etico, hanno autofinanziato l’analisi di terreni e pozzi. Questi vanno sostenuti. Per questo vogliamo un’operazione verità sui terreni inquinati. Poi c’è il capitolo delle bonifiche... Che non sono mai partite. Ma non è possibile che per paura di come saranno gestiti i soldi non partano mai! I comuni da soli non ce la possono assolutamente fare. Non hanno i soldi. Dovrebbe allora essere qualche ente sovracomunale ad intervenire. Ma che si spendano! Ci sono siti che si sa da anni che sono inquinati e allora cosa si aspetta ancora? Sono lì. Vogliamo cominciare? Come rapportarsi con chi ha inquinato, commettendo come dice il Papa, un peccato? Anche per loro è possibile il perdono? La Chiesa, come ci ripete il Papa, è madre di misericordia. Nella celebrazione in cattedrale chiederemo perdono anche per chi ha inquinato. Però non dimentichiamo che la riconciliazione presuppone la giustizia, cioè il pentimento e la riparazione del danno compiuto. È il minimo che si deve chiedere. Qui non si tratta di peccati veniali, ma di peccati che hanno compromesso la sopravvivenza di intere popolazioni, che hanno stravolto la relazione non solo col Creato, ma coi fratelli e con Dio. Abbiamo avuto qualche camorrista pentito e anche qualche politico, aspettiamo ancora gli industriali. E molti di quei rifiuti sono arrivati dalle industrie del Nord... Vero. È un grande errore ritenere che questi sono fatti nostri, che riguardano solo la Campania. Purtroppo ho l’impressione che parte della Chiesa italiana, e lo dico con responsabilità, ragioni ancora così, sbagliando fortemente. Perché le cronache quotidiane ci dimostrano che non sono cose del sud. Quindi prima diventerà una priorità nazionale e prima sarà meglio per tutti. Non è un fatto nostro ma del Paese, anzi anche al di là del Paese. È la priorità delle priorità. Si tratta della sopravvivenza della terra, delle generazioni che verranno. Se non è questa una priorità... © RIPRODUZIONE RISERVATA