Attualità

I veri numeri dell’emergenza. Terra dei fuochi, campi avvelenati

Antonio Maria Mira sabato 9 dicembre 2017

Terreni inquinati e pericolosi nella Terra dei fuochi. Continuano gli interventi delle autorità per vietare coltivazioni e pascoli sui terreni fortemente contaminati. È accaduto negli ultimi giorni nelle province di Caserta e Napoli e questo, almeno in parte, smentisce o sminuisce il clamore suscitato dalla ricerca dell’Istituto zooprofilattico meditarraneo proprio sui terreni della Terra dei fuochi. Ed è una replica nei fatti, purtroppo, a chi aveva definito la Terra dei fuochi una bufala, una fake news .

Invece continua ad essere un dramma quotidiano. Le ultime preoccupanti notizie arrivano dai Comuni di Maddaloni e Comiziano. Nel primo, in provincia di Caserta, lo scorso 11 novembre il commissario Benedetto Basile, che guida il Comune dopo le dimissioni a luglio del sindaco Andrea Basile, appena un mese dopo la sua elezione, ha sospeso «la coltivazione di prodotti agricoli e la loro commercializzazione, nonché il pascolo in un raggio di 500 metri dal perimetro» di cava Monti dove per anni sono stati sversati rifiuti pericolosi.

Qui, infatti, come si legge nell’ordinanza del commissario, le analisi del Laboratorio Multisito Inquinamento atmosferico dell’Arpac, su campioni prelevati presso le 'fumarole' che vengono prodotte dalla discarica, hanno accertato «la presenza di solventi aromatici con prevalenza di benzene, in concentrazioni molto elevate, nonché significative concentrazioni di clorobenzene, cumene, n-esano, etilbenzene, stirene, trimetilbenzene isobutilacetato, toluene, xilene, eptano». Sostanze molto dannose. E infatti il commissario afferma che «sussistono fondati motivi per ritenere che il superamento delle soglie di legge dei solventi aromatici costituisce un rischio per l’igiene e la salute pubblica ».

E così ha fatto scattare i divieti. Che riguardano quasi 80 ettari di terreni, più del doppio dei 33 indicati come irregolari in tutta la Terra dei fuochi nella Relazione del-l’Istituto zooprofilattico. E si tratta di terreni agricoli. E questo conferma la parzialità, pur se corretta, dello studio dell’Izp che infatti non ha preso in esame questa area di Maddaloni. Qui, come sta emergendo dall’inchiesta della procura di Santa Maria Capua Vetere, nel corso di più di 25 anni, sono stati sversati più di 200mila tonnellate di rifiuti speciali pericolosi, senza alcuna protezione per le matrici ambientali. Infatti, ancor prima dell’intervento del commissario, erano stati sequestrati 61 ettari di terreni e 40 pozzi. Mentre già nel 2009 un altro studio dell’Arpac aveva accertato l’emissione di gas, proprio quelli ora citati nell’ordinanza. Ma da allora non è partita nessuna bonifica.

Così è scattato il provvedimento del commissario che, scrive, sarà valido «fino a quando saranno state eliminate le cause dell’inquinamento e i rischi per la salute pubblica ». Decisione analoga a quella del commissario è stata presa lo scorso 8 novembre da Paolino Napolitano sindaco di Comiziano, in provincia di Napoli. Si tratta di un Comune inserito nell’elenco di quelli sotto osservazione da un decreto ministeriale del 16 aprile 2014 (Maddaloni lo è dal 2013).

Anche qui c’è di mezzo una cava e anche qui le analisi svolte tra luglio e agosto dall’Arpac, ente regionale come l’Izp, hanno rivelato la presenza anomala di sostanze altamente pericolose come floruri, alluminio, cromo esavalente e tricloroetano. In particolare il cromo esavalente, uno dei più pericolosi inquinanti ambientali, in quanto tossico, mutageno e cancerogeno, è risultato presente in quantità quattro volte quanto consentito dalla legge. Due volte il tricloroetano, quattro volte l’alluminio.

Così il sindaco, per «prevenire ed eliminare una situazione di grave pericolo per la collettività» e «stante l’urgenza di prevenire ulteriori possibili pericoli igienico-sanitari per i cittadini e di aggravamento di inquinamento ambientale», ha ordinato alla società che ancora opera nella cava «di predisporre gli interventi di messa in sicurezza di emergenza e la successiva bonifica della falda acquifera ». Ma chi la pagherà?