Attualità

L'ALTRO EDITORIALE. Sulla pelle della gente

Marco Tarquinio giovedì 6 dicembre 2012
Bisogna proprio riuscire a guardarli in faccia i padroni e i protettori di Azzardopoli. Bi­sogna una buona volta stanarla questa potentissima e trasversa­le consorteria che sta costruen­do la nuova grande "industria" italiana che illude, incatena e sbrana i soldi e la salute soprat­tutto di chi ha meno.  Bisogna fi­nalmente capire perché proprio ora, proprio adesso che la crisi moltiplica e morde i poveri, co­storo siano stati messi in condi­zione di far esplodere i propri fat­turati letteralmente sulle pelle di "giocatori" ridotti a malati com­pulsivi, garantendo regimi fisca­li di favore – persino dello zero virgola qualcosa – e concedendo persino vergognosi supersconti (Avvenire del 22 novembre scor­so). Bisogna anche chiedersi che razza di Europa in questi ultimi anni abbiamo lasciato costruire a certi "altri" – bisogna chieder­selo da italiani, da cittadini, da cristiani e da uomini e donne di coscienza – se ci ritroviamo con regole che impongono (e poi, meno male, il Parlamento ha de­ciso di non adeguarsi almeno per un po’) una stretta dell’Iva con­tro la cooperazione sociale e stendono i tappeti rossi delle "li­beralizzazioni" al dilagare delle slot machine online. Bisogna pur decidersi a fare tutto questo. Sen­za lasciare più troppo soli la Fon­dazione Antiusura, il cartello as­sociativo "Insieme contro l’az­zardo" e quelli come noi che ten­tano di allertare l’opinione pub­blica e di mettere in punto di re­putazione i complici burocratici e istituzionali di Azzardopoli. E se salta anche fuori, come sta sal­tando fuori, che nel solito De­creto Milleproroghe di fine an­no si vuole far incistare una nor­ma che sembra – sembra – sen­za padri, ma è già abbozzata, circola, non viene smentita e fa gongolare i signori di cui sopra perché piazza nelle nostre città l’Italia ben mille «sale da poker», bisogna chiederne conto. Que­sto facciamo, oggi, reclamando un sensato e immediato stop, seguito dall’indietro tutta. E davvero vorremmo guardare in faccia chi lavora a tempo pieno per Bisca Italia.