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Droghe «leggere». Sulla cannabis Conte media tra le scintille di M5s e Lega

Luca Liverani sabato 11 maggio 2019

Non è una crociata, dice Giuseppe Conte sull’ultima causa sposata da Salvini, quella contro i negozi di cannabis 'light'. Il premier smorza i toni dell’ennesima polemica tra i due azionisti di maggioranza. «Se si chiude un negozio non in regola – dice il premier – parlare di crociata mi pare fuor di luogo». E comunque è un tema su cui «non c’è da litigare, perché non c’è nessuna proposta governativa contraria alla disciplina attuale». Ma all’alleato pentastellato il colpo basso del leader leghista non va giù. Di Maio lo dice chiaro e tondo: «Salvini sta usando il tema della droga per coprire il caso Siri». Toni analoghi a quelli di Zingaretti: «Serve a distrarre gli italiani dai problemi reali». «Qualsiasi negozio che non è in regola – spiega il presidente del Consiglio – non può continuare a esercitare l’attività commerciale. È scontato, su questo c’è piena intesa». Nessuna crociata, insiste. «Il problema – precisa Conte – è un po’ più complesso. Per la disciplina normativa in questo momento c’è qualche profilo di incertezza. Aspettiamo una pronuncia della Cassazione a fine maggio», perché «livelli di Thc non devono superare lo 0,2 per cento. Cannabis industriale che non ha efficacia stupefacente. Le sostanze psicotrope sono così minime...».

DOMANDE E RISPOSTE Che cos'è la cannabis light

Ma la mediazione di Conte non calma il capo del M5s. Luigi Di Maio: «Salvini sta usando il tema della droga per coprire il caso Siri». E aggiunge: se i negozi non sono in regola, dice, «vanno chiusi, ma la direttiva del ministero dell’Interno non dice questo, dice solo di aumentare i controlli. Si devono chiudere le piazze dello spaccio, come a Napoli». La nuova battaglia salviniana non va giù al M5s. «La battaglia fondamentale è il lavoro – aggiunge il sottosegretario agli Affari regionali Stefano Buffagni – non la chiusura dei negozi di cannabis 'light', non la prevedono né l’agenda del governo né il contratto». «Combattere la droga facendo chiudere i negozi di canapa light è come combattere l’alcolismo vietando la birra analcolica», ironizza il 5s Matteo Mantero, firmatario del ddl di liberalizzazione: «Salvini per nascondere i suoi fallimenti, come nel contrasti della criminalità organizzata, se la prende con contadini e commercianti e lascia spazio alla malavita». «Polemiche figlie della volontà di distrarre gli italiani», dice il leader dem Nicola Zingaretti. «Siamo al totale delirio», chiosa Carlo Calenda. Ricordando che «la Lega ha votato per la legalizzazione dei negozi che vendono cannabis leggera».

Una tendenza in crescita

Un business da circa 40 milioni di euro all’anno in Italia generato da oltre 10mila negozi, tabaccai compresi, che vendono legalmente infiorescenze della canapa. E Roma è la città con più punti vendita. Sono alcuni dei numeri della cannabis "light", fenomeno ancora immerso tra vuoti normativi e cavilli tecnici. In tutto il Paese sono 779 i grow shop, i negozi che vendono prodotti derivati come cibi, vestiti e attrezzature per coltivarla, spiega Matteo Gracis, dal 2003 curatore di un rapporto annuale. Secondo l’Aical, l’associazione che riunisce 7 tra le principali aziende del settore, il numero dei negozi è invece in netta crescita: 2.087. A questi si sommano circa 10mila tabaccai. A livello regionale, in testa è la Lombardia, seguita da Emilia-Romagna, Lazio e Campania; l’età media per l’acquirente è 32 anni, più spesso uomini.