Attualità

La manovra. Stabilità, tregua tra governo e Regioni

Nicola Pini giovedì 5 novembre 2015
I governatori che fanno riferimento ai partiti di opposizione restano sulle barricate. Ma il fronte delle Regioni ora non è più compatto e il piemontese Sergio Chiamparino, presidente (dimissionario) della Conferenza e finora critico con il governo per i tagli contenuti nella legge di stabilità, dà «una valutazione positiva» del vertice di ieri sera a Palazzo Chigi: « Abbiamo trovato un’intesa di metodo e, in parte, di merito», afferma. L’incontro a Palazzo Chigi sui tagli alla sanità si è chiuso così con un round assegnato a Matteo Renzi, che ha lanciato in apertura un appello al dialogo: «Abbiamo due strade: o scegliamo il muro contro muro e la demagogia o giochiamo la carta della serietà e noi ci siamo», ha detto ribadendo che «non c’è un taglio alla Sanità». Il premier ha evitato così il saldarsi di un fronte, potenzialmente pericoloso, tra governatori, sinistra Pd e sindacati, uniti dalle riserve sulla manovra. Anche due potenziali avversari del premier, come i presidenti pd di Toscana e Puglia, Rossi ed Emiliano, non si sono smarcati lasciando ai soli colleghi del centrodestra il compito di attaccare il governo. Il leghista Roberto Maroni (Lombardia), spalleggiato dal veneto Luca Zaia e dal ligure Giovanni Toti, ha liquidato così l’esito del vertice: «Aria fritta. Abbiamo ascoltato le solite promesse e per quanto ci riguarda si tratta di un incontro assolutamente insoddisfacente. Ci hanno detto che si farà un tavolo che, forse, nel 2016, porterà qualche risultato». Troppo poco. Ma non per Chiaparino che bolla le critiche di Maroni come «valutazioni politiche » e sottolinea che si è «definito un percorso per condividere le misure». Per l’ex sindaco di Torino, che ha confermato ieri le dimissioni da presidente della Conferenza dei governatori, restano comunque due problemi sul tavolo: i 4,2 miliardi di minori entrate pregresse, tra l’aumento ridotto del fondo sanitario e i tagli agli altri fondi; e poi per la Sanità la necessità di coprire nel 2016 nuove spese per oltre due miliardi (tra nuovi Lea, farmaci e contratti) a fronte di un solo miliardo in più. Pesa positivamente invece l’annuncio del sottosegretario Claudio De Vincenti sul via libera già nel Cdm di domani al decreto legge salva-Regioni. Intanto dopo le audizioni critiche di Banca d’Italia e Corte dei Conti, a difendere la legge di stabilità in Senato è arrivato ieri Pier Carlo Padoan. Le «critiche selettive» su singole misure, ha detto il ministro dell’Economia, offrono una valutazione «distorta» della manovra che va letta nel suo insieme come spinta alla crescita. Il segno è «inequivocabilmente espansivo» ha sottolineato, ma nel rispetto dei vincoli di bilancio che permetteranno di iniziare a ridurre il debito pubblico dopo 8 anni di crescita. Sui temi più dibattuti Padoan assicura che la lotta all’evasione fiscale resta centrale, annuncia più fondi per la Pa dal 2017 e avverte che l’intervento sulle pensioni ci sarà ma «a patto che non si indebolisca il sistema». In Parlamento ci si prepara agli emendamenti. E spunta l’idea di estendere il taglio di Tasi e Imu alle abitazioni date in comodato d’uso a figli o genitori, una realtà che riguarda l’8% degli italiani secondo l’Istat. La misura avrebbe quindi un impatto finanziario significativo e non ancora pesato. Fra gli interventi invece già quasi certi, c’è il rafforzamento della decontribuzione per i giovani assunti nel Mezzogiorno, così come l’abbassamento del tetto del contante (mille euro) per i money transfer. © RIPRODUZIONE RISERVATA