Attualità

Roma. «Spese pazze» in Emilia, colpo al Pd

Marco Iasevoli mercoledì 10 settembre 2014
Ci prova pure, il legale di Matteo Richetti, a dire che il sospetto di peculato avanzato dai pm di Bologna nei confronti del suo assistito non c’entra niente con la rinuncia alle primarie Pd per la poltrona di governatore dell’Emilia Romagna. Ma la successione degli eventi parla da sé: alle 14.15 il deputato renziano annuncia di lasciare la corsa, alle 16.21 la procura felsinea annuncia che l’ex presidente dell’Assemblea regionale è tra gli otto democrat indagati per uso improprio dei rimborsi pubblici nell’ambito dell’inchiesta "Spese pazze". Poche ore e si viene a sapere che sul registro degli indagati c’è pure il nome del suo maggiore sfidante, l’altro renziano di ferro Stefano Bonaccini. Anche se lui, segretario regionale uscente e potente responsabile Enti locali del Nazareno, non si ritira: «Chiarirò, sono formalmente a disposizione dei pm». Poi manda un sms al vicesegretario e reggente pd Lorenzo Guerini: «Credimi, ne uscirò pulito».È la pesante tara giudiziaria su una controversa storia politica. Ed è il primo vero colpo al cerchio stretto del premier. Anche se, paradossalmente, a uscirne vincitore potrebbe essere proprio Renzi che ora ha la golden share per scegliere il candidato-governatore. D’altra parte l’autocandidatura di Richetti al posto che fu di Vasco Errani non è mai stata vista con simpatia dalla segreteria Pd, nonostante la professione renziana del deputato, autentico "mister preferenze" in terra emiliana. Ma lui, Richetti, è andato avanti. E così si è passati rapidamente dall’ipotesi della candidatura unitaria e senza primarie del bersaniano Daniele Manca (sindaco di Imola) ad un confronto-scontro a tre tra Richetti, Bonaccini e Balzani (ex sindaco di Forlì sostenuto dalla sinistra del partito).Le grane giudiziarie di Richetti e Bonaccini potrebbero cambiare lo scenario. E a questo punto la scelta del candidato-governatore potrebbe non passare più per il voto dei simpatizzanti ma attraverso un patto più ampio tra Renzi e la minoranza pd che riguarda anche la composizione delle nuova segreteria nazionale. Oggi il premier guarderà negli occhi Bonaccini per decidere se farlo ritirare o meno. «Non è una condanna», precisa Boschi come a tutelarne la posizione. Ma se Renzi non sarà convinto dal suo fedelissimo, avanti con le alternative: il rientro di Manca, l’ascesa di Graziano Delrio (il sottosegretario di Palazzo Chigi e "padre nobile" del renzismo stranamente è assente dalla cruciale partita della legge di stabilità), l’indicazione dell’outsider Paola De Micheli, lettiana.Ipotesi che si stanno valutando seriamente al Nazareno. Per il momento il vicesegretario Lorenzo Guerini glissa e si limita ad una nota di circostanza sull’affaire-Richetti: «Guardiamo con rispetto la decisione di Matteo di non candidarsi alle primarie in Emilia Romagna e apprezziamo il suo gesto di tutelare il bene del Pd e della regione. Confidiamo potrà dimostrare la sua totale estraneità ai fatti». Nelle parole di Guerini non si può non notare la distanza tra lo stesso Richetti e i vertici Pd: tanto il primo prova a dividere la vicenda giudiziaria da quella politica quanto il Nazareno invece mette insieme le due cose.In una giornata caotica Renzi si chiude in un silenzio totale. Non una parola in più di due ore di conversazione con Bruno Vespa. Nemmeno un cenno ai cronisti che gli chiedono lumi. Segno che la notte sarà impegnata a riflettere. Se Richetti nel risiko emiliano era una minaccia per il premier, l’accusa a Bonaccini invece è una doccia gelata che lo fa oscillare tra garantismo e necessità di dissociare il suo corso politico da indagini su notizie di reato odiose per i cittadini.Il silenzio e la riflessione notturna sono doverose anche alla luce dello scontro a distanza con l’Anm sulla riforma della giustizia. Guai a dare l’impressione di sentirsi "perseguitati". Anche se alcuni parlamentari Pd proprio non resistono: «Così non si va avanti, per mille euro di spese salta tutto. Poi magari è tutta una bolla di sapone». Ma a Palazzo Chigi bocche cucite, per ora. Anche per evitare un feroce regolamento di conti con Richetti, che nella sua lettera ai militanti è più che criptico: «Mandare questo messaggio mi costa un fegato nuovo. Ho dovuto prendere una decisione, di quelle che non ci dormi. E mi fermo qui». Allusioni contro pressioni del premier a fare un passo indietro? Civati lo denuncia apertamente, Boschi nega.