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Governo. Sottosegretari, chiusa la lista: sono 43. Dieci i viceministri

Redazione Romana venerdì 13 settembre 2019

Sono 43 i nuovi sottosegretari del governo Conte (42 più Fraccaro, già alla presidenza del Consiglio): 21 sono espressi dal M5s, 18 dai Dem, mentre sono due i rappresentanti di Leu, e uno del Maie. I nuovi membri dell'esecutivo, che vanno a completare la squadra, sono stati nominati nel Consiglio dei ministri di oggi, il terzo da quando il nuovo governo si è insediato. Il Movimento conserva dunque una maggioranza di sottosegretari e anche di viceministri: su 10 ne avrà 6, mentre quattro saranno, infatti, del Partito democratico.

Questa la lista dei nuovi viceministri e sottosegretari, che si aggiungono a Riccardo Fraccaro (M5s), già nominato nei giorni scorsi sottosegretario alla presidenza del Consiglio nel primo Consiglio dei ministri.

Come sottosegretari a Palazzo Chigi si aggiungono Mario Turco (M5s), al quale va la delega alla programmazione economica e investimenti, e Andrea Martella (Pd) all'Editoria. Inoltre ai Rapporti con il Parlamento andranno Simona Malpezzi (Pd) e Gianluca Castaldi (M5s). Agli Affari europei Laura Agea (M5s). Non risulta ancora assegnata la delega ai Servizi, che dovrebbe tenere il premier Giuseppe Conte, come nel precedente esecutivo.

Agli Esteri, con i viceministri Marina Sereni (Pd) e Emanuela Del Re (M5s), ci saranno da sottosegretari Ivan Scalfarotto (Pd), Manlio Di Stefano (M5s) e Riccardo Merlo (Maie). All'Interno con i viceministri Matteo Mauri (Pd) e Vito Crimi (M5s), Achille Variati (Pd) e Carlo Sibilia (M5s). Alla Giustizia Vittorio Ferraresi (M5s) e Andrea Giorgis (Pd). Alla Difesa Angelo Tofalo (M5s) e Giulio Calvisi (Pd). All'Economia, con i viceministri Antonio Misiani (Pd) e Laura Castelli (M5s) andranno Pierpaolo Baretta (Pd), Alessio Villarosa (M5s) e Cecilia Guerra (Leu). Al ministero dello Sviluppo economico sarà viceministro Stefano Buffagni (M5s) e sottosegretari due pentastellati Alessandra Todde e Mirella Liuzzi, e due dem, Gianpaolo Manzella e Alessia Morani. Alle politiche agricole Giuseppe L'Abbate (M5s). All'Ambiente Roberto Morassut (Pd), alle Infrastrutture da viceministro Giancarlo Cancelleri (M5s) e da sottosegretari Roberto Traversi (M5s) e Salvatore Margiotta (Pd). Al lavoro Stanislao Di Piazza (M5s) e Francesca Puglisi (Pd). All'Istruzione Lucia Azzolina (M5s) e Anna Ascani (viceministro Pd). Giuseppe De Cristofaro (Leu). Alla Cultura Anna Laura Orrico (M5s) e Lorenza Bonaccorsi (Pd). Alla salute viceministro M5s Pierpaolo Sileri e sottosegretario Pd Sandra Zampa.

Le critiche: nessuno dalla Toscana

Malgrado il numero di ministri e sottosegretari della sua area (3 e 5), Matteo Renzi lamenta la mancanza di esponenti della Toscana. Tra i suoi c’è chi parla di un ex premier infuriato. E con la Leopolda che si avvicina, chi paventa l’annuncio della scissione. «Se questa esautorazione è una vendetta contro la vecchia maggioranza del partito o contro Renzi lo si dica con chiarezza», tuona da Firenze il sindaco Dario Nardella. Anche Maria Elena Boschi stigmatizza: «Spero che non sia semplicemente un modo per colpire Renzi e il nostro gruppo perché non credo che sia giusto». Poi la turbo-renziana propone una serie di elementi che negano una scissione immediata ma confermano la possibilità che avvenga. Per cominciare sottolinea che «la trattativa come sempre è stata fatta dai segretari di partito». Poi «che i risultati delle amministrative e delle Europee hanno dimostrato che il nostro è un territorio in cui il nostro partito è forte», e dunque meritava di più. E però l’ex ministra rassicura che «non c’è bisogno di ribadire ogni momento la nostra presenza nel Pd». Piuttosto se dovessero rientrare «Bersani e D’Alema» allora «c’è da discutere».

Zingaretti resta basito. «Penso che tutti i democratici debbano essere contenti perché grazie al buon rapporto con i nostri alleati, c’è un’ottima rappresentanza all’interno del governo», ragiona il leader dem. Dunque, «non ricominciamo con questi tormentoni». Tra i suoi c’è chi pensa che Renzi stia cercando un casus belli, mentre Franceschini e Orlando, che hanno gestito la trattativa, sono certi di aver messo in campo ogni sforzo per valorizzare tutti. Martina, già deluso per non essere rientrato nella lista dei ministri, non ha avuto da ridire per la scelta di Mauri, della sua area, sia perché porta la Lombardia nel governo, sia perché Zingaretti voleva volti nuovi.

Chiusa la lista, il M5s si dice invece soddisfatto. Anzi, per il ministro D’Incà, come per la sindaca di Torino Appendino, nel governo è rappresentato «tutto il territorio».