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I FONDI TAGLIATI. Sos Soccorso alpino: «Rischio chiusura»

Paolo Ferrario giovedì 12 gennaio 2012
L’ultimo intervento risale alla notte di lunedì. Dopo otto ore di ricerche, alle 3,40 del mattino, una squadra di venti volontari del Soccorso alpino lecchese ha salvato un escursionista di Pavia disperso sulla Grigna, nelle Prealpi lombarde. L’uomo era finito in un canalone, aveva una gamba rotta e i primi sintomi di assideramento. Molto probabilmente non avrebbe superato la notte, se non fosse stato trovato dai volontari. Che, a operazione conclusa, sono tornati ciascuno al proprio lavoro. A uomini così lo Stato sta per voltare le spalle.Gli ultimi tagli del Governo, infatti, hanno pesantemente riguardato anche i fondi per il Corpo nazionale del Soccorso alpino. Per il 2012 è previsto uno stanziamento di 380mila euro, ma, solo per pagare i premi assicurativi dei volontari, serve più di un milione: tre volte tanto.«Senza questi soldi in due mesi chiudiamo», avverte il presidente nazionale Pier Giorgio Baldracco, che per domani ha convocato un consiglio nazionale urgente «per decidere il da farsi» e ricorda come, rispetto allo stanziamento dello scorso anno, la sforbiciata ammonti al 75%. «A parole siamo il “fiore all’occhiello del sistema di Protezione civile” – prosegue Baldracco – e ci assegnano anche la medaglia d’oro al valore civile quando muore qualcuno dei nostri. Ringraziamo, ma non possiamo non sottolineare lo stridore tra le parole e i fatti. In tre anni siamo passati da 2 milioni a 380mila euro, una cifra che non garantisce la nostra sopravvivenza».Baldracco ricorda anche che dei circa 6mila interventi annui, «soltanto il 5% riguarda alpinisti». Il resto del lavoro, completamente gratuito, è svolto «a beneficio delle popolazioni di montagna». Soprattutto si tratta di interventi sanitari in quota per soccorrere chi vive e lavora sulle terre alte. «Il nostro – aggiunge Baldracco – è un servizio equiparabile a quello delle ambulanze in città, a cui nessuno si sognerebbe di tagliare i fondi per la benzina. A questo punto ci auguriamo che qualcuno intervenga a cambiare una situazione che, ripeto, se dovesse essere confermata porterebbe inevitabilmente alla cessazione del servizio. Del quale, evidentemente, poi dovrebbe farsi carico direttamente lo Stato. Con costi decisamente superiori».A quanto ammonterebbe l’onore per le casse pubbliche è presto detto. Ogni anno, i 7.400 volontari del Soccorso alpino effettuano circa 25mila giornate/uomo di lavoro gratuito. Calcolando un costo di almeno 150 euro a giornata, la spesa totale sarebbe di 3.750.000 euro. Insomma: per non spendere oggi un milione, lo Stato ne dovrebbe sborsare domani quasi quattro. Non esattamente un affare, soprattutto in tempo di crisi. Non tutto, però, è perduto. Il Club alpino italiano, di cui il Soccorso è sezione nazionale, si è già fatto sentire dal ministro del Turismo Piero Gnudi, a cui compete la distribuzione dei fondi, che transitano dal bilancio della Presidenza del Consiglio dei ministri. Anche il Cai ha subito tagli importanti, nell’ordine del 45% rispetto agli stanziamenti degli ultimi anni. Per il ripristino dei fondi originali si è mossa anche la politica. Il presidente onorario del Gruppo parlamentari amici della montagna, Erminio Quartiani, ha presentato un ordine del giorno, accolto dal Governo, che prevede il reintegro. «Già la prossima settimana – dichiara il deputato del Partito democratico – qualcosa di concreto dovrebbe accadere. Almeno questo è l’auspicio».Contestualmente, Quartiani ha presentato un emendamento al decreto “Proroga termini” per recuperare 250mila euro. «È una prima forma di riduzione del danno a cui dovranno seguire azioni più sostanziose – ribadisce Quartiani –. Il nostro Paese non può permettersi di perdere una struttura eccellente, che tutti ci invidiano perché è senz’altro la più avanzata e preparata del mondo».