Attualità

SCIENZA. Sojuz, l'Italia va in orbita

Antonio Lo Campo lunedì 30 aprile 2012

Il prossimo italiano nello spazio sarà lui. Eccone l’identikit: ufficiale e pilota dell’Aeronautica Militare Italiana, medaglia al valore aeronautico conferitogli dal presidente della Repubblica nel 2007, esperienza con migliaia di ore di volo su velivoli di qualifica e da combattimento. E poi, astronauta dell’Esa, selezionato nel 2009. Dulcis in fundo: assegnato ad una missione spaziale di lunga durata, con inizio nella primavera del 2013, con destinazione la Stazione Spaziale Internazionale. È Luca Salvo Parmitano, catanese, 35 anni, sposato e papà di due bimbe. Sarà il prossimo astronauta italiano appartenente al team di astronauti dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa), a salire i gradini che dalla piattaforma di lancio portano al primo livello d’ingresso all’ascensore della rampa di lancio del razzo vettore Sojuz, alla base di Bajkonur per la sua missione di sei mesi di permanenza sulla Stazione Spaziale Internazionale. Prima di macinare i milioni di chilometri in orbita terrestre per la sua impresa, il cui lancio è programmato per maggio 2013, già vola tra una parte e l’altra del mondo, alternando la sua preparazione tra Houston, nel Texas (dove vive attualmente) e Mosca (dove sta trascorrendo più tempo) presso il centro di addestramento dei cosmonauti russi. Lei è ormai in piena preparazione per la missione. Immagino che si appresti a realizzare un grande sogno?«Sicuramente. Già diventando pilota collaudatore ne avevo realizzato uno, molto importante. Fin da bambino infatti sognavo di pilotare aeroplani. E così ho fatto di tutto per entrare, dopo gli studi, in Accademia Aeronautica, a Pozzuoli. Ma quello di fare l’astronauta era un altro grande desiderio, che in qualche modo veniva di conseguenza a quello di pilota collaudatore».Quindi lei rappresenta un po’, come già l’altro nostro astronauta italiano, Roberto Vittori, la figura dell’astronauta pilota degli inizi. Un top gun che poi va in orbita?«L’esperienza c’è, date le molte ore di volo accumulate. Ma i tempi sono cambiati ed anche il ruolo degli astronauti. Io infatti, pur essendo un pilota, andrò nello spazio come ingegnere di bordo. Come altri astronauti europei con background da piloti infatti, si va sulla stazione spaziale per tempi così lunghi per effettuare esperimenti scientifici, per lavorare nello spazio e poi per trasmettere da lassù l’emozione e raccontare tutto ciò che realizziamo. A bordo della Soyuz sarò comunque copilota, e già ora in addestramento prendo posto sul seggiolino di sinistra. Lo stesso che occupò Nespoli nella sua missione».Spera di effettuare una passeggiata spaziale fuori dalla stazione?«Lo spero. A Mosca inizierò ad addestrarmi a compiere passeggiate spaziali con lo scafandro russo Orlan. Sono tra i primi, dopo 7-8 anni, tra gli astronauti non russi, a vestire questo scafandro in addestramento, nella speranza, naturalmente, di poter davvero compiere una passeggiata spaziale durante la mia missione. Nessun italiano finora ha avuto questa opportunità: un’esperienza che non mi dispiacerebbe affatto provare!».Considerando la sua giovane età, spera in seguito di prendere parte ad una missione con le nuove navicelle, tipo la Orion?«Sicuramente, sono molto curioso nel vedere i nuovi sviluppi, e il progetto del nuovo, grande razzo americano SLS promette grandi cose. Vedremo: per ora c’è questa missione, la Expedition 36 verso la Stazione Spaziale, che per me è davvero di grande interesse. Poi, tutte le buone occasioni che verranno in futuro vedrò di sfruttarle nel modo giusto. Anche per noi europei ci saranno nuove sfide per lo spazio».Una cosa che vorrebbe fare quando sarai lassù?«Mi piacerebbe trasmettere la passione per la scienza e per lo spazio, come già altri colleghi hanno fatto di recente. Da italiano faccio un po’ di autocritica e dico che dobbiamo intensificare l’interesse per lo spazio ma anche per la scienza in generale. Non vedo ancora ripagate in pieno, a livello generale, le nostre straordinarie esperienze nello spazio. Ovviamente il nostro ruolo, come astronauti è talmente particolare e privilegiato, per trasmettere questo entusiasmo, che dobbiamo approfittarne. E poi non vedo l’ora di ammirare da lassù l’Italia e la mia Sicilia. Ho visto alcune immagini riprese in altre missioni: un vero spettacolo!».E DIEGO URBINA ANDRA' SUL PIANETA ROSSOSono rientrati sani e salvi dopo lo sbarco su Marte. Il primo uomo a mettere piede sul pianeta è stato un russo, seguito poco dopo da un italo-colombiano. Precisiamo subito. Il luogo in cui sono sbarcati non è esattamente Marte, ma un terreno e un paesaggio che ne hanno un aspetto molto simile, sulla base delle immagini di Marte inviate dalle sonde-robot. Si è trattato di un esperimento internazionale battezzato non a caso "Mars500", per il numero di giorni della sua durata, che si è svolto in un centro di ricerca avanzato, in Russia. Il secondo a sbarcare sul terreno marziano (simulato), è stato Diego Urbina, 28 anni, italo-colombiano, laureato in ingegneria elettronica al Politecnico di Torino, e un grande sogno, che, guarda caso, è proprio quello di diventare astronauta. Indossavano gli scafandri "Orlan", cioé quelli da anni usati dai cosmonauti russi per le loro "passeggiate spaziali".  Tutto si è svolto da programma; la prima passeggiata su Marte è durata un’ora e 12 minuti, poi Urbina e Smoleevskij sono tornati a bordo del modulo di atterraggio.