Attualità

Bruxelles. Ue, il fronte del Nord taglia i fondi all'Italia per il terremoto

Giovanni Maria Del Re giovedì 30 marzo 2017

Amatrice vista da Musicchio sei mesi dopo il terremoto che ha colpito il Centro Italia (Ansa)

Niente più finanziamento Ue al 100% per le spese di ricostruzione post terremoto. Con un’imprevista, quanto sgradevole svolta, ieri alcuni stati membri hanno stoppato la proposta del presidente della Commissione Europea, Jean-Claude Juncker, accolta già anche dal Parlamento Europeo, di esimere l’Italia dalla quota di cofinanziamento nazionale per l’utilizzo di fondi Ue di coesione per la ricostruzione nelle aree colpite dai sismi. «Una discussione assolutamente surreale», ha commentato l’ambasciatore Maurizio Massari, rappresentante permanente d’Italia. La questione è approdata ieri alla riunione degli ambasciatori degli Stati membri e si è creato un muro di buona parte dei contributori netti: Germania, Austria, Danimarca, Finlandia, Svezia, Olanda e persino il Regno Unito (che pure sta lasciando l’Ue), hanno detto no alla soppressione della quota nazionale. La Francia ha taciuto, dalla parte dell’Italia si sono schierati solo portoghesi e greci. Alla fine la presidenza di turno maltese ha proposto come compromesso un finanziamento Ue al 90% (con dunque una quota nazionale del 10%, normalmente si arriva fino al 50%).

La Commissione non ha commentato, anche se Juncker e poi il commissario agli Aiuti Regionali, Corina Cretu, erano venuti, nei mesi scorsi, di persona per mostrare solidarietà all’Italia e a novembre 2016 era arrivata la proposta emendativa del regolamento dei fondi di coesione per azzerare il cofinanziamento nazionale. L’argomentazione portata dall’ambasciatore tedesco è di principio: l’azzeramento, ha detto in sostanza in riunione, porterebbe al rischio di sprechi e spese inutili, visto che lo Stato interessato non dovrebbe sborsare un centesimo di suo.

Il cofinanziamento, invece, «responsabilizza». Il timore di Berlino e degli altri contrari è che si creino troppe «eccezioni», con l’occhio rivolto anche alla Grecia. Nessuno lo dice, ma è chiaro che si percepisce - sullo sfondo - il consueto stereotipo degli europei del Sud 'spreconi'. Peraltro, in gioco sono non tutti gli aiuti per la ricostruzione, ma solo i 200 milioni di euro di fondi di coesione (per la precisione del Fondo di sviluppo regionale), già spettanti all’Italia. Altri soldi sono arrivati, e arriveranno, dal Fondo Ue di solidarietà per le catastrofi naturali (che non prevede cofinanziamenti e che, secondo il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, potrebbero arrivare fino a 1,2 miliardi di euro).

L’Italia, comunque, ha già annunciato di volerci mettere di suo altri 200 milioni. Un punto che Massari ha portato alla riunione, per sottolineare che l’argomento dei tedeschi non tiene. «È evidente a tutti – ha dichiarato – che la proposta della Commissione era un atto importante di solidarietà politica nei confronti delle nostre popolazioni terremotate: ma non aggiungeva nuovi fondi, non introduceva nuovi criteri per lo stanziamento, e soprattutto non andava ad inficiare i pilastri della politica di coesione». Per le popolazioni colpite dal sisma, insomma, un brutto messaggio. «Se si vuole dimostrare solidarietà politica in circostanze così tragiche - prosegue l’ambasciatore –, questa solidarietà deve essere piena, non ha senso circoscriverla con la contabilità. È come dire: come europei siamo solidali al 90%. Ma che senso ha?». La partita, comunque, non è chiusa, visto che è chiamato a codecidere il Parlamento Europeo, il quale invece è d’accordo con la Commissione. La posizione dei paesi contrari, ha tuonato il presidente del gruppo dei Socialisti e democratici, Gianni Pittella (Pd), «è davvero sorprendente, imbarazzante e vergognosa». «Vedremo come trovare un accordo – ha commentato da parte sua Tajani –, in questi momenti credo che la solidarietà debba prevalere».