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Intervista. Bombardieri (Uil): sulla manovra «troppi no, rottura a un passo»

Francesco Riccardi giovedì 28 ottobre 2021

«È rottura con il governo? Siamo a un passo». Quindi «pronti alla mobilitazione che decideremo con Cgil e Cisl quando avremo esaminato i contenuti della manovra che l’esecutivo varerà». Tira aria di sciopero dalle parti di via Lucullo a Roma, sede nazionale della Uil. Il suo segretario generale Pierpaolo Bombardieri fa trasparire tutta la propria insoddisfazione e irritazione per la chiusura alla trattativa mostrata martedì sera a Palazzo Chigi dal premier Mario Draghi. E, più ancora, l’insofferenza per le critiche al sindacato che non farebbe gli interessi dei giovani. I toni nei confronti del governo, però, prima dei comizi nelle piazze restano quelli della diplomazia.

«Con Draghi registriamo grande distanza rispetto alle nostre richieste. Il Patto sociale è già morto? È come il presepe dei Cupiello. Da Renzi che ha precarizzato il lavoro attacco vergognoso»

Il presidente del Consiglio ha risposto no alle vostre proposte su manovra e previdenza, dialogo chiuso?
Diciamo che abbiamo registrato una distanza importante rispetto a buona parte della nostra piattaforma: i nuovi ammortizzatori sociali, le politiche attive, la riforma fiscale temi su cui non ci sono arrivate risposte. E sulle pensioni: a parte alcune aperture da verificare su opzione donna e lavori usuranti, sul resto abbiamo registrato una chiusura.

Il Patto sociale è morto prima ancora di essere concepito?
Il Patto sociale assomiglia al presepe di "Natale in casa Cupiello". A ogni familiare viene chiesto "te piace o’ presepe" dimenticando tutti i problemi che ci sono all’interno di quella famiglia e intorno. E soprattutto senza mai entrare nel merito di come sia fatto. Patto sociale su che cosa? A me ’o presepe piace, nel senso che siamo sempre pronti a stringere accordi, ma voglio discutere e verificarne i contenuti, altrimenti è solo commedia dell’arte.

Quindi risponderete duramente, sarà sciopero generale?
Decideremo con le altre confederazioni quale mobilitazione mettere in campo dopo che avremo esaminato i contenuti della manovra che sarà varata.

Quando fu approvata la riforma Fornero, nel dicembre 2011, le confederazioni proclamarono uno sciopero generale, poi però visto il momento politico-economico delicato prevalse la responsabilità e le proteste furono limitate. Non vale a maggior ragione oggi?
Ci fu uno sciopero generale di sole 3 ore, è vero. Ma tenemmo un presidio di 40 giorni davanti al Senato, tanto che personalmente presi una brutta polmonite... Comunque siamo in una situazione completamente diversa: Draghi è saldo in sella e il Paese viaggia al +6% di Pil. Piuttosto, i problemi sono le diseguaglianze e le iniquità che permangono nel nostro sistema verso i giovani, le donne, i precari...

Ecco, appunto: insistere sul pensionamento dai 62 anni o dai 41 anni di contributi costa e rischia di sottrarre risorse ad altri capitoli di spesa, penalizzando i giovani...
È l’esatto contrario. Dobbiamo dare copertura ai giovani e alle donne che sono penalizzati, assieme a chi svolge lavori gravosi. Le risorse servono per loro e va finalmente fatta chiarezza distinguendo la spesa previdenziale da quella assistenziale. Sottratta quest’ultima, il sistema previdenziale è in equilibrio. Non difendiamo Quota 100 che era una sorta di ambo secco. Ma si può, si deve, garantire alle persone la possibilità di andare in pensione prima, a partire dai 62 anni.

Con una penalizzazione?
Con una flessibilità, di cui si può discutere. Magari pagando un contributo ma ogni uscita anticipata, in realtà, prevede già una penalizzazione.

La percezione, però, è che il sindacato pensi troppo alle pensioni dei 50-60enni e poco al lavoro precario dei giovani che già scontano un presente in cui non riescono a mantenersi...
>Accusa ingiusta e sbagliata nel merito. Se poi arriva da ex presidenti del Consiglio (il riferimento è a Matteo Renzi, ndr) che hanno contribuito a precarizzare il lavoro con il Jobs Act sono vergognose. Piuttosto occorrerebbe discutere dei soldi a pioggia dati alle imprese, che magari delocalizzano, dell’evasione fiscale che non viene combattuta abbastanza, di una sostenibilità che dev’essere non solo ambientale ma anzitutto sociale.

Oggi (ieri, ndr), però, l’incontro con il premier in vista del G20 è andato meglio, no?
Molto meglio, ci siamo trovati in piena sintonia su questioni fondamentali come la libertà sindacale che in alcune nazioni è negata, la sicurezza del lavoro e la necessità di far produrre i vaccini nei Paesi poveri con licenze obbligatorie.
Sui grandi temi, grande sintonia, insomma. Ma solo su quelli.